Il calo della produzione prosegue inarrestabile: 61.375 moto nel 1976, 45.608 nel 1977 e 41.586 nel 1981, anno in cui l’AMF esce di scena rivendendo l’Harley-Davidson a una cordata facente nuovamente capo ad alcuni eredi dei fondatori del Marchio. Con il loro ritorno c’è un cambio di rotta: l’H-D prosegue nell’ergersi baluardo in difesa della “vera” motocicletta americana come ai tempi dell’AMF, ma l’immagine che offre la nuova gestione è quella del rinnovamento nel solco della tradizione. Ovvero vengono presentate numerose novità in tutta la gamma - come il cambio a 5 marce, la trasmissione finale con cinghia in Kevlar e il montaggio elastico del motore - per proiettare l’azienda negli anni Ottanta.
Il nuovo corso viene inaugurato il 26 febbraio 1981, giorno del passaggio di consegne da parte dell’AMF, e prosegue ancora oggi, dato che la Casa americana ha trovato una propria dimensione sul mercato motociclistico, al riparo dalle mode del momento e della concorrenza insostenibile con l’industria giapponese.
Sono numerosi i modelli dell’Harley-Davidson che hanno vissuto questo periodo, a tratti difficile ma sicuramente transitorio nella sua storia. Uno in particolare però, nato nel 1965 e ancora oggi in produzione, incarna meglio degli altri i canoni della “vera” motocicletta americana tanto caro alla Casa di Milwaukee: la già citata FLH Electra Glide.
Ricchissima di cromature e accessori, disponibile in un lungo elenco di versioni, la FLH è quella che soffre in misura maggiore i 12 anni di gestione AMF, quando la logica dell’austerità e quella dei grandi numeri di produzione peggiora la qualità (e l’affidabilità) dell’intera gamma. Eppure esce da questo periodo a testa alta. Anzi, paradossalmente, il suo mito ha preso quota proprio negli anni Settanta. Come abbiamo accennato l’Electra Glide vede la luce nel 1965, quando viene introdotto l’avviamento elettrico sulla Duo Glide, presentata nel 1958 e prima Harley dotata di telaio elastico, a sua volta evoluzione della precedente Hydra Glide del 1949. Fra i tre modelli l’unico elemento in comune è il concetto di maxi-tourer che viene ripreso, perché per il resto cambia praticamente tutto: telaio, sospensioni, freni e tipo di motore.
Quello dell’Electra Glide inizialmente è il V a 45° di 1.200 cc tipo Panhead - (“testa a tegame” per via dei coperchi delle punterie vagamente somiglianti a dei tegami da cucina) nato di 1.000 cc nel 1948 e successivamente cresciuto di cubatura che all’epoca è la massima cilindrata disponibile in tutta la produzione motociclistica mondiale. Un motore robusto, generosamente lubrificato e relativamente leggero grazie all’utilizzo dell’alluminio, impreziosito dalle punterie idrauliche che mantengono costante il gioco delle punterie anche in presenza di notevoli dilatazioni termiche dei cilindri.