di Alberto Pasi - 20 April 2018

Moto Guzzi 250 TS: sangue misto

Sfidando storia e antiche rivalità, all’inizio del 1973 De Tomaso dà vita a quello che nessuno può immaginare: creare una Moto Guzzi partendo da una Benelli! Ciò che scandalizza i fan delle due Case, viene invece accettato da molti altri che scoprono una moto dalle prestazioni elevate e dall’ottima ciclistica. La storia della 250 TS

Per il 7 marzo 1973, Alejandro De Tomaso convoca a Modena, presso l’Hotel Canal Grande, una conferenza stampa per la presentazione di due nuove Moto Guzzi, la 250 TS e la 350 GTS. L’inviato di Motociclismo, Carlo Perelli, pubblica il resoconto dell’evento sul fascicolo di aprile con un titolo che sorprende molti: “Dall’uovo della Benelli sono uscite due Moto Guzzi”. È esattamente ciò che è successo e ciò che l’imprenditore argentino, fresco proprietario delle due grandi Case italiane, ha programmato per il rilancio della moto made in Italy.

Mettere sotto lo stesso tetto due nomi che da sempre sono accesi rivali, “spacca” in due il popolo degli appassionati. Da una parte si manifesta nei guzzisti e nei benellisti una profonda delusione e si insinua in loro l’idea inaccettabile di un futuro dove l’identità dei due Marchi rischia di scomparire. Dall’altra, nei motociclisti meno “sentimentali”, le tante novità che De Tomaso sta lanciando sul mercato sono viste come un importante segnale di progresso e un’interessante alternativa alla produzione giapponese. È la prima volta che Benelli e Moto Guzzi si trovano a produrre la stessa moto e, comunque la si pensi, è un segnale clamoroso. Facendo ora un passo indietro, e stando semplicemente ai fatti, bisogna dire che De Tomaso a metà del 1971 salva nel vero senso della parola la Benelli (e di conseguenza anche la MotoBi) che, travolta dai debiti, è a un passo dal fallimento. L’imprenditore argentino, ben noto per la sua “spregiudicatezza” in campo automobilistico e per avere dalla sua la “politica” che conta, compra la Benelli per 11 miliardi di lire (di cui 9 di debiti) e da subito manifesta, in svariate occasioni pubbliche, la volontà di operare in tempi rapidissimi un rilancio in grande stile. Tanto è veloce che le sue promesse diventano realtà già al Salone di Milano del 1971 quando è in grado di far vedere quelle novità che devono proiettare la Benelli in un futuro radioso. Le nuove moto esposte includono oltre a due 50 cc con motore a 5 marce anche una bicilindrica parallela a due tempi di 125 cc. Questa ha una sorella di cilindrata doppia che tuttavia non viene ancora svelata anche se andrà per prima in produzione. “Con le sue bicilindriche due tempi di 125 e di 250 - scrive Motociclismo nei mesi seguenti - la Benelli è la prima Casa italiana che porta tra le medie cilindrate un discorso adatto ai tempi moderni. Per la cronaca ricordiamo che la 125 è stata presentata al Salone di Milano dell’anno scorso mentre la 250, che allora era un poco più indietro come gestazione, è poi stata la prima a giungere sul mercato, verso la fine dell’estate”.

Infatti la 250 2C viene omologata già a maggio 1972 con le vendite che iniziano tre mesi dopo. Una moto che entusiasma gli appassionati - e non solo i fan della Benelli - per la modernità della linea (affidata al centro di design della Ghia che è sempre di proprietà di De Tomaso) e per le prestazioni del motore (25 CV), progettato un paio di anni prima, “congelato” ai tempi della crisi aziendale, e ripreso e sviluppato con un intervento “a razzo” dal tecnico Piero Prampolini. Motociclismo giustamente la esalta nella sua prova a partire dal sommario: “Con questa bicilindrica due tempi cinque marce di moderna concezione, posta in vendita la scorsa estate ad un prezzo accettabile, la Casa di Pesaro si è assicurata la priorità nel rilancio delle medie cilindrate da parte dell’industria italiana. La 2C si evidenzia per le sue ottime doti in fatto di velocità e di ripresa. Non accusa vibrazioni. È stabile e maneggevole. Si fa apprezzare anche per il suo riuscito styling. Sull’altro piatto della bilancia vanno però messi un forte consumo ed una scarsa elasticità”. Non passa molto tempo ed ecco che De Tomaso acquista anche la Moto Guzzi, che aveva vissuto già la sua crisi a metà degli anni Sessanta, ma che era stata salvata e riportata in auge da una nuova gestione, la SEIMM, sostenuta dallo Stato. In meno di due anni De Tomaso è diventato così proprietario dei più importanti Marchi italiani lanciando sul mercato proclami di grande impatto mediatico, annunciando esclusive novità di produzione in tutte le fasce di cilindrata e confermando l’impegno nelle competizioni, come dimostrato dalla nuova Benelli 350-500 a 4 cilindri che in due occasioni viene affidata all’astro nascente Jarno Saarinen (che ripaga della fiducia vincendo).

Per gli appassionati tutto quanto sta avvenendo è una piacevole sorpresa. Benché già qualcuno sospetti un’imminente “miscellanea” - primo fra tutti Motociclismo - il grande pubblico delle due ruote pensa che Benelli e Moto Guzzi siano così diverse - come la storia ha dimostrato - che sarà comunque impossibile pensare a modelli eguali per entrambe. Ma quella presentazione a inizio 1973 “gela” un po’ tutti e sarà ribadita al successivo Salone di Milano di fine anno con la presentazione di altre moto strettamente imparentate. 250 TS e 350 GTS sono in effetti Benelli a tutti gli effetti e anche se la seconda non ha - per ora - un omologo modello pesarese, è fin troppo evidente la parentela con la 500 Quattro (la quale, “inutile nasconderlo, è abbondantemente ispirata ad una pluricilindrica nipponica...” come riporta correttamente Motociclismo), anch’essa affidata a Prampolini, così come la 750 Sei, al quale era stato ordinato di “copiare” il quattro cilindri Honda, seppur con qualche piccola modifica (misure ultraquadre anziché lunghe, cilindri inclinati invece che verticali). Tornando alla 250 TS - che se non altro non ha contaminazioni nipponiche anche se vi è una certa ispirazione ai bicilindrici Yamaha - De Tomaso si affretta a sottolinare alcuni aspetti nel tentativo di ribadire l’identità guzzistica del modello. “La Moto Guzzi - si legge nella nota ufficiale della Casa di Mandello - nell’importante settore delle ‘quarto di litro’ ha dominato per decenni sulle strade e sui circuiti di tutto il mondo con modelli prestigiosi come l’Albatros, il Gambalunghino, il P.E., l’Airone. Oggi questa grande tradizione viene ripresa con la presentazione del 250 TS, nuovo attualissimo modello di raffinata impostazione estetica e meccanica”.

Motociclismo scrive sul citato fascicolo di aprile 1973 che “La TS è una bicilindrica realizzata sulla stessa matrice della Benelli... Vanta però un motore più potente di 5 CV grazie all’adozione dei cilindri in lega leggera a canne cromate anziché in ghisa, di carburatori da 25 mm anziché da 22 e di una distribuzione più spinta. I cilindri in lega leggera (in cui la Moto Guzzi vanta una lunghissima esperienza, dallo Zigolo alla V7) hanno ovviamente consentito di diminuire il peso della TS rispetto alla 2C e questo, unitamente alla maggior potenza disponibile, ha permesso di elevare leggermente le prestazioni velocistiche. La nuova Moto Guzzi vanta anche una migliore finitura e qualche ritocco di ordine estetico per quanto riguarda serbatoio, fiancate, faro, strumenti, sella. Vuol essere, insomma, una realizzazione più sportiva e di maggior classe della consorella pesarese”. Chissà come saranno stati felici i benellisti a leggere queste righe... Comunque sia, De Tomaso parla di sinergie quanto mai necessarie, ma in sostanza distingue, o quantomeno tenta di farlo credere, l’immagine delle due Marche. Tra le due, sembra comunque preferire la Moto Guzzi e la successiva storia lo confermerà nel momento in cui dedicherà sempre meno attenzioni alla Benelli che, trascurata, andrà avanti d’inerzia fino a sparire dalla scena nel decennio successivo. La maggior critica che la rivista e gli appassionati rivolgono alla 250 TS riguarda il freno anteriore a tamburo, ma “De Tomaso ha precisato che non appena l’industria nazionale delle parti staccate renderà disponibile un disco di prestazioni superiori a quelle del tamburo montato attualmente, esso verrà subito adottato”. Ciò avverrà due anni dopo... La chiusura del servizio di presentazione di Motociclismo è indicativo del momento storico, perché evidentemente non si vuole assumere una posizione troppo severa nei confronti di De Tomaso: “Il passaggio delle realizzazioni Benelli alla Moto Guzzi (che ha causato il rammarico di qualche ‘sentimentale’) è stato operato per accorciare drasticamente i tempi necessari all’inserimento della Casa di Mandello nel settore delle medie cilindrate. La Moto Guzzi stava infatti pensando a qualcosa di ‘medio’ prima dell’avvento di De Tomaso, ma ci sarebbe voluto troppo tempo per arrivarci. E al giorno d’oggi bisogna agire subito con fermezza. Questa è la dinamica, spregiudicata politica di Alejandro”.

La 250 TS non arriva sul mercato nell’estate del 1973 come annunciato, ma un anno dopo e come la cugina pesarese (che alla fine del 1974 viene “beneficiata” dello stesso motore con accensione elettronica da 30 CV) è bene accolta dagli appassionati. Ma non potrebbe essere diversamente. Bisogna infatti ricordare che il mercato fino a 350 cc è “blindato” e rimane un monopolio dell’industria italiana perché le importazioni delle moto giapponesi sono contingentate (oltre alla cilindrata c’è pure il peso che non può essere inferiore a 170 kg) e le altre europee semplicemente non ci sono... o meglio ci sarebbero alcune stradali spagnole (monocilindriche a due tempi di 250 cc) che però non vengono importate. La concorrenza nazionale lascia inoltre parecchio spazio alle bicilindriche di De Tomaso: da una parte ci sono progetti datati e ormai a fine carriera come le AMF Harley-Davidson SS 350 (di origine Aermacchi), le Ducati Mark 3 monoalbero 250 e 350 e la MV Agusta 350 S, dall’altra c’è l’innovativa e potente Moto Morini 3 ½ che si è appena affacciata con successo sul mercato. Assente tra l’altro la Gilera, acquistata nel 1969 dalla Piaggio, che dopo aver annullato il progetto di una 500 cc si dedica ora solo alle piccole cilindrate. La sola giapponese che riesce ad aggirare il contingentamento (perché pesa oltre 170 kg!) è la Honda CB350 Four. La 250 TS, in questo contesto favorevole, è però competitiva su più aspetti: prestazioni analoghe a quelle delle 350 a quattro tempi e nettamente superiori alle poche altre rivali 250, peso contenuto (meno di 130 kg), ciclistica di alto livello che garantisce stabilità e maneggevolezza. L’estetica è molto moderna, il sound del motore è affascinante. Nella sua classe non ha ovviamente rivali (se non la Benelli/MotoBi...) e per personalità e caratteristiche è una stimolante alternativa alle 350. Il prezzo fa il resto perchè nel luglio 1974 costa 738.640 lire (640.640 lire la 2C), quanto la Ducati 350 Mark 3.

Naturalmente qualche difetto non manca e presto gli acquirenti scoprono la sgradevole erogazione nell’uso cittadino, l’eccessiva fumosità allo scarico e consumi così alti che i 13,5 litri del serbatoio si esauriscono in fretta, dopo appena 140-150 km. Nel 1975 la 250 TS viene aggiornata in alcuni dettagli e dotata del freno a disco abbinato ad una nuova forcella prodotta direttamente dalla fabbrica. Il serbatoio è cambiato con quello della 350 GTS e guadagna 3,5 litri in più per dare maggior autonomia. A parte quest’ultimo, gli aggiornamenti sono progressivamente estesi anche alla Benelli. Dopo di ché sembra spegnersi la luce su questa moto. Il gruppo De Tomaso ha deciso di concentrare i maggiori sforzi sulle quattro cilindri, proposte con entrambi i marchi. Come Moto Guzzi sono offerte le 350 e 400 GTS, come Benelli le 500 Quattro/LS, 350 RS e a seguire 354/504 Sport. Tutte apprezzabili nell’estetica, tutte piuttosto care (costano più delle Honda) e con qualche magagna di troppo. Arrivato a questo punto, De Tomaso dà maggior “senso” alla produzione: le quattro cilindri, a partire dal 1980 diventano un’esclusiva della Casa di Pesaro, mentre per la Casa di Mandello si deliberano i progetti V 35 e V 50 con il bicilindrico a V e che tanto successo avranno a partire dal 1977. La 250 TS a questo punto potrebbe anche uscire di scena, invece va avanti nella sua carriera, affiancata da una rivale “interna” di pari cilindrata, ovvero la quattro cilindri 250 Quattro come Benelli e 254 come Moto Guzzi, identiche fra loro anche se con sovrastrutture diverse. Insomma De Tomaso non perde... il vizio. La 250 TS inevitabilmente perde di attrattiva, non certo per l’arrivo della 254, che sarà un flop, quanto per il maggior successo delle 350 cc a 4 tempi, cilindrata che è diventata nel frattempo quella massima per chi non ha compiuto i 21 anni. A peggiorare le cose per la nostra protagonista è il mancato aggiornamento tecnico. Nonostante ci siano le soluzioni per contenere consumi e fumosità e per migliorare l’erogazione ai medio-bassi regimi (tramite ammissione lamellare e miscelatore automatico), De Tomaso decide che non vale la pena investire un soldo per rendere più attuale e competitivo il modello e lo abbandona, assieme ad altri, al suo destino.

L’epilogo porta la data del 1982, mentre la cugina pesarese riuscirà a “trascinarsi” fino al 1986, come se si volesse ad ogni costo svuotare il magazzino di parti staccate in giacenza dopo l’uscita di scena della TS. Una carriera, per entrambe le moto, portata avanti oltre il lecito tanto da svilirne l’immagine, perché le qualità che c’erano, senza sviluppo, si sono trasformate col passare del tempo in difetti col risultato che ciò che si ammirava all’inizio, dopo lo si derideva. Ma, tutto sommato, a rendere giustizia a queste moto ci sono i dati di produzione: sono infatti stati costruiti 27.000 esemplari, di cui 12.000 a nome Moto Guzzi. Nonostante il “sangue misto”, un bel risultato.

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