di Aldo Benardelli - 27 January 2019

In viaggio con la storia: BMW R50S, R75/5 e K1

Un tour tra Baviera e Sassonia in sella a tre moto perfettamente restaurate da Group Classic, la divisione di BMW che si occupa dei modelli storici della Casa tedesca. La meta è il Sachsenring, per festeggiare Helmut Dähne e la sua R90S del leggendario TT del 1976

Tirate a lucido, perfette come era lecito aspettarsi: l'incontro con le moto che ci porteranno al Sachsenring avviene negli spazi che ospitano il BMW Group Classic nella prima fabbrica della Casa dell'elica a Monaco di Baviera. Il programma prevede un viaggio di circa 400 km attraverso Baviera e Sassonia, spalmato in due comode giornate, in sella a tre esemplari rappresentanti altrettante decadi di produzione: una R50S del 1960, una R 75/5 del 1970 e la festeggiata del gruppo, la rivoluzionaria K1 presentata al Salone di Colonia del 1988 e che compie dunque il trentesimo anno d'età. Il BMW Group Classic, con sede allo storico indirizzo di Moosacher Strasse 66, è la branca della Casa madre dove si possono trovare tutte le informazioni utili per la conservazione, la cura e il restauro delle auto e moto d'epoca BMW e dei brand Mini e Rolls-Royce. C'è anche un elegante locale, il Caffé Mo 66, che si affaccia sull'officina; è previsto anche il prestito di veicoli storici per manifestazioni, concorsi o quant'altro e c'è anche un'ampia disponibilità - diverse decine di migliaia - di pezzi di ricambio; la struttura si occupa anche di tutti gli esemplari del museo BMW.

Su è giù per la Baviera

Per i tre partecipanti invitati - ci affiancano un collega tedesco e uno inglese - non è previsto un road book, ma l'itinerario viene scelto facendo affidamento sul più recente sistema di navigazione satellitare per moto BMW. Il battistrada, con nostra grande sorpresa, è il leggendario Helmut Dähne, il pilota vincitore del Tourist Trophy 1976 categoria Production 1.000 cc in sella alla BMW R 90 S in coppia con Hans-Otto Butenuth. Sarà lui - classe 1944(!) - in sella a una R 1200 RT, ad alternarsi alla testa del gruppo che comprende anche Benjamin Voss, PR del BMW Group Classic su nineT Scrambler e Stefan Behr, capo del marketing e PR del BMW Group Classic in sella a una R 1200 GS. Se la K1 mette una certa soggezione per peso ed ingombro, la R50S incute il rispetto dovuto... all'anzianità con le due selle separate, l'avviamento a pedale e la forcella tipo Earles, ma la nostra scelta cade sulla R 75/5, modello che si rivelerà il meglio fruibile lungo tutta la trasferta. Si parte in direzione nord-est verso Ratisbona tenendo un'andatura particolarmente tranquilla: dobbiamo prendere confidenza con le moto, la R50S non può tenere un passo eccessivamente spedito e va conosciuta con le dovute precauzioni. Ci risulterà difficile ricostruire esattamente il percorso per le numerose... varianti sul tema via via escogitate dalle nostre guide alla ricerca di strade meno battute e soprattutto più guidate senza l'attraversamento di grossi centri abitati: la Baviera a nord di Monaco si appiattisce e la caccia a qualche altura, almeno collinare, si fa via via più ostica; di certo eviteremo le autostrade. Per intanto, ci godiamo un meteo soleggiato e la temperatura mite. La R 75/5 ci trasmette la sensazione di una moto più moderna dei suoi quasi 50 anni di età: in effetti la serie 5 ha segnato una svolta fondamentale nella storia della BMW che, negli anni Sessanta, rischiava di cessare la produzione di motociclette, complici modelli obsoleti e bilanci aziendali in rosso. Un bicilindrico con tante e tali modifiche da considerarlo praticamente nuovo, a cui si aggiunge un telaio a doppia culla chiaramente ispirato al famoso featherbed (letto di piume) della Norton e una forcella telescopica di grande efficienza.

Lo stesso Helmut Dähne ci rivela che, durante la sua permanenza lavorativa in BMW, ha contribuito in qualità di collaudatore allo sviluppo di questi importantissimi modelli. Il comfort è davvero elevato grazie alla sella ampia e ben conformata, ma soprattutto per le sospensioni morbide e sufficientemente scorrevoli. Vibrazioni e rumorosità meccanica sono contenute; il cambio è abbastanza rumoroso, ma preciso negli innesti, la coppia generosa del bicilindrico non fa rimpiangere un quinto rapporto e offre un allungo di tutto rispetto lasciando intendere che la 75, con i suoi 50 CV dichiarati, sa essere un'ottima e brillante granturismo. Quando riusciamo a impegnarci in qualche curva, apprezziamo l'ottima risposta della ciclistica: la traiettoria impostata viene mantenuta in sicurezza e solo esagerando col piglio sportivo si mette un po' crisi la forcella per la sua taratura morbida. I freni sono il capitolo meno esaltante: tamburi onesti ma niente più, che inducono attenzione se si vuole esagerare col gas, ma tutto sommato adeguati per un impiego turistico.

Granitica forcella

La giornata è perfetta per il meteo favorevole, l'ambientazione lussureggiante e il manto stradale in ottime condizioni: ci diamo da fare scambiandoci le moto per le foto di rito e arriva il momento della R50S. Che, ricordiamolo, è la sorella minore della più conosciuta e prestazionale R69S, vera icona del collezionismo a due ruote marcato BMW. Una piccola di sicura personalità, ma di scarso successo con soli 1.634 esemplari prodotti, contro gli 11.317 del modello di cilindrata superiore. L'aspetto è decisamente vintage con le selle separate e la forcella tipo Earles; non c'è l'avviamento elettrico e si fa una fatica dell'accidente ad issarla e farla scendere dal cavalletto. Se poi si aggiunge che il piccolo boxer è accreditato di 35 CV... Ma, una volta in sella, quella che pensavamo la cenerentola del gruppo si rivela una piacevole sorpresa. Le vibrazioni sono decisamente sensibili, il comando del gas richiede un certo sforzo e ha una corsa molto lunga mentre la tonalità di scarico è piacevolmente "importante": certo, per ottenere prestazioni soddisfacenti bisogna tirar le il collo ma la R50S sembra non patire qualche strapazzo di troppo. La posizione di guida è comoda, leggermente caricata in avanti: il comfort è sufficiente, ma si avverte una certa rigidità dell'insieme. La guida risulta comunque piacevole e la vera sorpresa è la stabilità offerta nell'affrontare il misto spedito. Tra cardano e forcella Earles ci aspettavamo qualche reazione poco ortodossa: la R50S fila invece dritta e ben salda anche nelle pieghe più accentuate. Se siamo stati benevoli con i freni della 75/5, in questo caso è doveroso assegnare l'insufficienza: poco potenti, per una decelerazione efficace bisogna stringere la leva e pestare il pedale con decisione. Meno male che non va troppo forte...

Dulcis - ma non troppo - in fundo ecco la K1: fece sensazione al Salone di Colonia del 1988, anche se l'effettiva commercializzazione avvenne l'anno successivo. Un modello per certe scelte avveniristico, un esercizio di stile e di tecnica discutibile ma comunque significativo. Quattro cilindri della serie K ma con testa a 16 valvole, iniezione Motro nic mutuata dalle auto, sospensione posteriore Paralever a doppio snodo, dischi flottanti all'anteriore, ABS, pneumatici radiali, protezione aerodinamica superlativa, potenza limitata a 100 CV e velocità massima dichiarata di 240 km/h. Oggi il suo aspetto ricorda un dinosauro giurassico ma la guida rivela quanto di buono si era ricercato in questo modello anticonvenzionale. L'erogazione è elettrica, l'elasticità del quattro cilindri è proverbiale: è un po' vuoto sotto ma entusiasma oltre quota 6.000 giri. La migliore posizione in sella va ricercata con piccoli spostamenti: le pedane sono abbastanza arretrate e non troppo lontane dal piano di seduta così che si sta abbastanza raccolti per usufruire della protezione offerta dall'estesa carenatura; parecchio sensibile il calore trasmesso dal motore. Se le manovre da fermo sono problematiche per peso e dimensioni, una volta in moto la K1 scorre veloce e stabile con uno sterzo leggerissimo. Per goderla nel misto bisogna trovare il giusto passo: a velocità ridotte ha la tendenza a cadere alla corda, se si osa troppo è la taratura soft della forcella ad innescare fastidiosi ondeggiamenti di assetto. Scesi dalle due bicilindriche si rischia di capottarsi alla prima frenata, tanto è esuberante e moderno l'impianto dotato di un primordiale ABS ovviamente ancora da mettere a punto

Un passaggio alla Ceca

Ci stiamo divertendo, ci scambiamo impressioni e rimontiamo in sella per l'ultimo strappo che ci porta nel tranquillo paese di Wernberg-Köblitz . Tranquillo sicuramente perché il paese di poco più di 5.700 abitanti non sembra offrire particolari spunti turistici. La costruzione principale è il castello, di cui le prime notizie documentate risalgono al 1280. Dopo vari passaggi di proprietà dal 1992 è di proprietà della piccola cittadina bavarese: la società Conrad Electronic - rivenditore europeo online di prodotti elettronici - l'ha affittato per 99 anni e ne ha curato il restauro du rato sei anni, e dal 1998 è uno splendido albergo, il Burg Wernberg. Una tappa perfetta dopo una giornata trascorsa alla grande: bel tempo, tante fotografie, chilometri con tutte le moto scambiate regolarmente. L'indomani al risveglio ci accoglie un cielo con qualche nuvola. Man mano però che procediamo verso nord per entrare nel Bundesländer della Sassonia il tempo cambia quasi repentinamente: nuvoloni di pioggia ci vengono incontro sospinti da un vento che impone molta attenzione nella guida.

Per evitare di allungare il percorso tiriamo dritti sulle statali 15 e 299 attraversando una fetta di Repubblica Ceca. Il diluvio ci coglie, ovviamente, lungo un rettilineo alberato, senza l'ombra di un distributore di benzina, di una tettoia, di un paesino... Quando ci fermiamo in un piccolo centro abitato siamo già fradici e le tute antiacqua si riveleranno quasi inutili. L'ultimo sforzo bagnato ci porta alla frazione di Hartenstein dove alloggeremo nel bellissimo albergo Romantik Hotel Jagdhaus Waldidyll immerso in una natura incontaminata. Sembra di essere a novembre: in camera troviamo il calorifero acceso in bagno e il piumino sul letto! Siamo a poco più di 20 km dal circuito del Sachsenring, alla periferia di Hohenstein-Ernstthal: domani niente moto, il nostro viaggio è terminato, ma ci aspettano ancora vento, freddo e pioggia sulle tribune del circuito per applaudire grandi campioni del passato.

La R90S e il suo profeta

La serie barra 5 rappresenta per BMW una svolta tecnica importante, capace di risollevare una situazione commerciale alle soglie del baratro. La più appetibile 750 cc, cilindrata fino ad allora considerata limite per le maximoto, se da un lato appaga una fetta considerevole di utenti dediti al granturismo, dall'altro lascia scontenti i biker più sportivi attratti dalle pluricilindriche giapponesi. Nel 1973 la BMW corre ai ripari presentando la nuova serie 6 che oltre alla 600 cc e alla 750 cc, comprende ben due modelli di 900 cc: sono la R 90/6 per il turismo a lungo raggio e la sportiva R90S dal look coinvolgente. La nuova sportiva monta un inedito cupolino che all'interno funge da cockpit con orologio e voltmetro; la sella si raccorda con un codino elegante e profilato; l'impianto frenante si avvale di un doppio disco anteriore; ma c'è anche il made in Italy rappresentato da una coppia di carburatori Dellorto PHM da 38 mm con pompa di ripresa. Una R 90 S preparata dalla Casa esordisce in pista al Bol d'Or di Le Mans nel settembre del 1973 dove coglie uno strepitoso terzo posto con Helmut Dähne - a quel tempo collaudatore BMW - e Gary Green. Dähne sa mettere a frutto la sua competenza tecnica e la sua abilità di pilota per trarre il meglio dai bicilindrici bavaresi.

Corre in forma privata e prepara lui stesso la moto: modifica la sua R75/5 sostituendo il motore con parti originali della R90S a cui accorcia i cilindri di 22 mm per avere più luce a terra adottando bielle più corte ed aumentando l'alesaggio con pistoni Mahle per mantenere l'esatta cilindrata. Alleggerisce l'albero motore e il volano della frizione, riprogetta la distribuzione per sopportare il regime di 8.000 giri per avere 80 CV; rimangono strettamente di serie carburatori, cambio, trasmissione finale, quote ciclistiche e impianto frenante. Al Tourist Trophy del 1974 è terzo nella categoria Production; nel 1975 si ritira per una perdita d'olio nella Production ma è nono nella 1000 Open. Nel 1976 il capolavoro: Dähne non lavora più in BMW, è passato come consulente-tecnico a Metzeler. In coppia con Hans-Otto Butenuth supera in prova le 100 miglia orarie di media - record per moto di serie imbattuto - e domina la gara delle Production stabilendo il giro più veloce a 164,99 km/h. Un iniquo regolamento ad handicap, studiato per riunire in unica gara le classi 250, 500 e 1.000 cc, retrocede la coppia, dominatrice assoluta, al quinto posto. Rimane solo l'amaro ma leggendario trionfo nella classe 1.000 cc. Per Dähne e la sua luminosissima carriera cessata alla età di 60 anni(!), rimarranno nel palmarès ben 26 presenze al TT, vittorie a profusione in circuito nelle moto di serie e, ciliegina sulla torta, un fantastico record nello "inferno verde", il vecchio tracciato del Nürburgring (Nordschleife di 22,8 km) in 7'49"71 del 23 maggio 1993 su Honda RC30. Oggi, vedere Helmut Dähne in carena sulla sua BMW R90S a gas spalancato sotto la pioggia battente credeteci, emoziona non poco: serio, composto, disponibile, fisico asciutto nella sua inconfondibile tuta rossa. Un grande campione, una bella persona.

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