Saverio Livolsi - 27 March 2023

Kawasaki GPz 750 Turbo: la potenza non è tutto

Nel 1983 la Kawasaki presenta la GPz 750 Turbo che, a differenza delle rivali sovralimentate, ha tutto ciò che ci si aspetta da una moto così: prestazioni al top, emozioni di guida degne di una GP e linea da supersportiva

Il turbo entra prepotentemente nella scena motoristica internazionale sul finire degli anni Settanta. È la Formula 1 automobilistica a rilanciare il fenomeno, grazie alla Renault, che sviluppa la tecnologia della sovralimentazione nata agli inizi del Novecento. La prima vittoria turbo in un Gran Premio arriva il 1° luglio 1979, sul circuito francese di Digione, dove viene scritta una delle più belle pagine della Formula 1: l’entusiasmante duello tra Gilles Villeneuve (Ferrari) e René Arnoux (Renault), in palio “solo” il secondo gradino del podio, conquistato poi dal canadese. Al primo posto - per la cronaca - Jean Pierre Jabouille su Renault. La Ferrari si rifarà nel 1982, quando la 126 C2 è la prima monoposto turbo della storia a conquistare il Campionato mondiale Costruttori. Anche la Honda entra nella Formula 1 con un motore sovralimentato e lo fa motorizzando nel 1983 la Spirit e nel 1984 la più competitiva Williams.

Primo prototipo: Salone di Milano del 1981

Al Salone di Milano del 1981 viene presentato un prototipo, avvistato in una versione aggiornata anche l’anno successivo a Colonia, ma di commercializzazione non se ne parla ancora. L’attesa termina nell’aprile del 1983, quando un centinaio di giornalisti della stampa specializzata di tutto il mondo viene invitato sul veloce tracciato austriaco del Salzburgring. Ad accoglierli in sala stampa c’è uno striscione che non lascia spazio ai dubbi: “Welcome to Kawasaki 750 Turbo World Premiere”. Teruaki Yamada, Vice Presidente della Kawasaki prende la parola e illustra il progetto:

Abbiamo cominciato a lavorare sul concetto del turbo cinque anni orsono

Nello sviluppare la GPz 750 Turbo abbiamo voluto realizzare una moto sovralimentata che avesse un sapore diverso dalle altre, una moto carica dello spirito Kawasaki. Abbiamo risolto il problema che affligge le altre moto turbo, riducendo al minimo il ritardo nella risposta. Siamo anche riusciti a eliminare l’improvvisa scarica di potenza che si verifica normalmente quando un motore turbo entra in sovralimentazione”.

Ecco dunque svelato il perché di tanta attesa: ad Akashi hanno voluto una moto in grado di distinguersi dalla concorrenza per efficienza e prestazioni. Una moto sovralimentata, secondo la Kawasaki, non può andare meno della più potente maxi presente sul mercato in quel momento, altrimenti non avrebbe ragione di esistere. Per questo motivo si è scelto un motore di 750 cc quando le concorrenti hanno optato per il 650 (anche la Honda con la CX è poi passata dalla 500 a questa cilindrata), cubatura più vicina al limite dei 1.100 cc che all’epoca veniva considerato un tetto difficilmente superabile.

Turbo Hitachi, iniezione elettronica d.f.i.

Per convincere i giornalisti della bontà del prodotto, la Kawasaki mette a disposizione a Salisburgo anche la GPz 750 aspirata e la potentissima GPz 1100, che è il modello di riferimento come prestazioni. Il primo confronto con la GPz 750 aspirata è sul piano estetico: le due moto si assomigliano molto e differiscono solo per la livrea e per la presenza della carena completa nella Turbo. Le altre differenze, che giustificano un prezzo d’acquisto quasi doppio, riguardano il propulsore che ha subito alcuni interventi atti a rinforzarlo. La cura ricostituente ha riguardato l’albero motore, le bielle e i pistoni, senza tralasciare i cuscinetti di banco. L’impianto di lubrificazione dispone ora di una pompa di maggiore portata. Il rapporto di compressione è stato ridotto da 9,5 a 7,8:1. L’alimentazione è affidata al sistema d.f.i. - lo stesso presente sulla GPz 1100 i.e. - che consiste in un impianto di iniezione elettronica indiretta, ovviamente pressurizzato per l’uso con il turbo, con dispositivo di bloccaggio della portata in caso di sovrapressione. Poi c’è la scatoletta magica, il turbo appunto. Questo congegno, prodotto dalla Hitachi e siglato HT-10B, è costituito da una turbina e un compressore. La turbina, quella che riceve il flusso dei gas di scarico, ha un diametro di 47 mm ed è in grado di girare a una velocità che va dai 140.000 ai 200.000 giri minuto, mentre il compressore, quello che spinge l’aria nei cilindri, ha un diametro di 50 mm. La valvola di sfogo è tarata per una pressione massima di 0,65 bar, oltre la quale l’eventuale sovrapressione viene scaricata all’esterno. Il dato più eclatante riguarda la “cavalleria” a disposizione: 112 CV a 9.000 giri - vale a dire il 30% in più del 750 aspirato - coppia massima 10,1 kgm e velocità massima di oltre 235 km/h.

Ritardo di risposta inavvertibile

Con questi dati sensazionali, snocciolati nella conferenza stampa dai tecnici della Casa di Akashi, i tester presenti al Salzburgring entrano velocemente in fibrillazione. Tra loro prende corpo la convinzione che la Kawasaki Turbo, a differenza degli analoghi modelli di Honda, Suzuki e Yamaha - che vanno più forte solo dei rispettivi modelli aspirati - può essere capace di prestazioni inavvicinabili dalla concorrenza. E quando si aprono le danze ,l’obiettivo dei presenti è verificare sulla pista quanto descritto nella cartella stampa. Al termine delle tre giornate di prove il giudizio è unanime:

La GPz 750 Turbo va come la GPz 1100!

Anzi, in accelerazione spinge di più. Non si avverte il ritardo in risposta della sovralimentazione e quando il turbo entra in funzione, verso i 4.500 giri, la progressione è corposa come su una moto da GP. La moto non mette mai in difficoltà: è maneggevole, ben frenata e con una ciclistica equilibrata. Risulta solo un po’ rigida, ma è l’unico dazio da pagare per una moto di questo livello”.

Nel settembre del 1983 la GPz 750 Turbo raggiunge i concessionari, ad un prezzo di poco inferiore a quello della GPz 1100, lasciando agli appassionati il compito di sfogliare la margherita: turbo o aspirato, turbo o aspirato... In realtà il dubbio dura poco, solo tre stagioni, perché alla fine del 1985 e dopo una seconda versione leggermente riveduta, la Kawasaki GPz 750 esce di scena. Dal 1983 ne sono stati costruiti 5.940 esemplari che hanno avuto un’accoglienza sul mercato decisamente inferiore alle aspettative

CARATTERISTICHE TECNICHE

Motore: 4 cilindri in linea frontemarcia, 4 tempi, raffreddamento ad aria, blocco cilindri in alluminio con canne in ghisa. Distribuzione bialbero a camme in testa comandata da catena centrale con due valvole per cilindro. Alesaggio per corsa 66x54 mm, cilindrata 738 cc, rapporto di compressione 7,8:1. Diagramma di distribuzione: aspirazione apre 22° prima del PMS e chiude 52° dopo il PMI; scarico apre 60° prima del PMI e chiude 20° dopo il PMS. Lubrificazione: forzata a carter umido. Capacità impianto 3,5 litri. Filtro a cartuccia. Alimentazione: ad iniezione elettronica indiretta con sistema d.f.i. (digital fuel injection), turbocompressore Hitachi con valvola Wastegate e pressione max di 0,65 bar. Capacità serbatoio carburante 18 litri. Accensione: elettronica con anticipo automatico. Candele NGK BR9EV. Impianto elettrico: alternatore trifase montato sulla sinistra dell’albero motore, batteria 12V-14Ah. Avviamento: elettrico. Frizione: multidisco in bagno d’olio con molle elicoidali. Otto dischi conduttori e nove dischi condotti. Trasmissione: primaria a catena Morse, finale a catena rapporto 3,066 (denti 46/15). Cambio: a 5 velocità con ingranaggi sempre in presa e innesti frontali a denti dritti. Valori interni 2,285:1 (32/14) in prima, 1,647:1 (28/17) in seconda, 1,272:1 (28/22) in terza, 1,045:1 (23/22) in quarta, 0,833:1 (20/24) in quinta. Telaio: doppia culla in tubi d’acciaio. Inclinazione cannotto di sterzo 28°, avancorsa 117 mm. Sospensioni: anteriore forcella telescopica Showa a funzionamento misto aria-olio con steli da 37 mm e sistema anti-dive regolabile su tre posizioni, escursione 130 mm; posteriore forcellone oscillante in lega leggera a sezione rettangolare con monoammortizzatore a funzionamento misto aria-olio regolabile su 4 posizioni di freno, escursione ammortizzatore 105 mm. Freni: anteriore a doppio disco forato da 280 mm con pinze flottanti a singolo pistoncini; posteriore a disco singolo forato da 270 mm con pinza flottante a singolo pistoncino. Ruote: cerchi in lega leggera da 18”. Pneumatici: anteriore 110/90 V18 Michelin A48 tubeless, posteriore 130/80 V18 Michelin M48 tubeless. Dimensioni (in mm) e peso: lunghezza max 2.220, interasse 1.490, larghezza max 740, altezza max 1.260, altezza sella 780, luce a terra 155. Peso a secco 233 kg (anteriore 123 kg, posteriore 131 kg). Prestazioni: Potenza max 112 CV a 9.000 giri; coppia max 10,1 kgm a 6.500 giri

L'articolo completo su Motociclismo d'epoca aprile 2009

Clicca qui per acquistare il numero arretrato

© RIPRODUZIONE RISERVATA