Se finora abbiamo detto dello sviluppo del motore, non meno la ciclistica impegnò lo staff addetto, diretto da Gunter Schier. Subito fece presa l’idea di disegnare un telaio a traliccio in tubi con motore portante, anziché il classico doppia culla, con la struttura in due blocchi facilmente separabili, sia per una costruzione più economica, sia per rispettare uno dei capisaldi progettuali di disporre gli organi meccanici nella posizione di massima accessibilità. Anche nello studio della misura delle ruote, nonché per la taratura delle sospensioni, si tenne fede alle regole iniziali, preferendo una forcella ed un monoammortizzatore semplici e senza regolazioni (a parte il precarico dell’ammortizzatore posteriore), perché, sosteneva l’ing. Schier “è compito del Costruttore e non del pilota tarare correttamente la moto per ogni circostanza”. Contemporaneamente si procedeva sul fronte della linea con arditi disegni ad opera di Klaus Volker Gevert, al quale va la brillante soluzione della copertura del radiatore con una mascherina (a doppio rene) che ricorda quella delle auto BMW. Non mancarono studi nella galleria del vento al fine di trovare le migliori soluzioni aerodinamiche in compromesso con esigenze di industrializzazione ed estetiche. Soprattutto queste prove si rivelarono impegnative per le versioni carenate RS, sportiva, ed RT, turistica, che furono programmate fin dall’inizio. Ad ogni modo fu la versione nuda, denominata K 100 1000, la prima ad essere presentata e venduta sul mercato.
Straordinario il computo dei chilometri percorsi prima che, nell’estate del 1983, si desse il via libera alla produzione: 600.000 km in ogni condizione di marcia! Curiosamente i primissimi esemplari scesi già in luglio/agosto dalla catena di montaggio vennero inviati negli USA per la realizzazione dei depliant pubblicitari. La location scelta per il debutto europeo fu La Napoule, in Costa Azzurra, dove il 23/24 settembre 1983 i giornalisti della stampa specializzata internazionale furono convocati per i primi giri di prova sugli affascinanti percorsi dell’entroterra. Poco dopo la K 100 divenne la regina del Salone di Parigi, proprio come 60 anni prima la sua... “nonna”, la boxer R 32 di 500 cc. Secondo le entusiastiche dichiarazioni di Eberhard Sarfert, Presidente della BMW Motorrad, nel 1983 la produzione della K 100, iniziata già a luglio, sarebbe arrivata ad un totale di 7.500 unità (contro 21.500 boxer). Ma già per il 1984, anche grazie all’entrata in linea della RT, oltre alla RS che aveva iniziato la sua carriera a novembre dell’anno prima, si pensava di costruirne 16.000. Numeri importanti che fanno capire quanto la Casa credesse nel nuovo programma. E infatti, negli anni a venire, la K 100 si rivelerà una buona moto, comoda e indistruttibile, forse un po’ troppo... teutonica per il nostro mercato, e per questo costantemente meno richiesta sia riguardo alla RS che alla RT, nonostante il suo prezzo inferiore. Così la sua vita sarà più breve rispetto alle due sorelle, solo sei anni, uscendo di produzione nel 1990 dopo 12.871 esemplari costruiti, e non conoscendo una seconda giovinezza grazie al nuovo motore a 16 valvole che esordì quell’anno con la sportiva K 1, prima di essere montato anche sulle RS ed RT. Relativamente invece alle modifiche introdotte sulla K 100 “nuda”, nel 1988 sono riviste l’estetica e gli schemi di colorazione: si adotta il serbatoio più piccolo e slanciato della K 75, spariscono il cockpit che collega fanale e strumentazione e la mascherina del radiatore, si adottano un faro cromato, una sella più bassa e un manubrio più alto e largo. Da ricordare infine che già nel 1986, la K 100 potè vantarsi di essere una delle prime moto al mondo a montare il sistema antibloccaggo dei freni ABS (in opzional, anche per le versioni RS ed RT).