Suzuki RA 125 Cross 1983/1984: l'inizio e la fine

Nel 1984 Michele Rinaldi è campione del mondo della 125 in sella alla Suzuki RA. È la prima volta nella storia che un pilota italiano si aggiudica un titolo iridato nel Motocross, mentre per la monocilindrica giapponese è il canto del cigno

Sicuramente nessuna moto può vantare nella storia del Campionato mondiale Cross un palmarés così ricco di vittorie e titoli iridati consecutivi. Parliamo della Suzuki RA 125, che nel 1975 ha inaugurato l’albo d’oro dell’ottavo di litro - da quell’anno ammessa nel Mondiale - e poi, affidata ad autentici fuoriclasse, è riuscita a mantenere tale primato fino al 1984 senza interruzioni.

Un decennio di vittorie

Gaston Rahier (1975-76-77), Akira Watanabe (1978), Harry Everts (1979-80-81), Eric Geboers (1982-83) e Michele Rinaldi (1984) sono i piloti che hanno trionfato in sella alla moto giapponese per un intero decennio, per poi cedere il passo - un anno dopo il ritiro ufficiale della Casa giapponese dalle competizioni - ad una concorrenza che fino ad allora era parsa quasi incapace di reagire ad un simile strapotere.

La RA che ha chiuso questo ciclo irripetibile è quella usata da Rinaldi nel biennio 1983-1984, l’ultima moto ufficiale realizzata nel Reparto corse di Hamamatsu prima della pausa “sabbatica” durata cinque anni e interrotta dal rientro nella categoria nel 1989 con il team guidato dallo stesso Rinaldi - nel frattempo diventato team manager - e condotta da Alex Puzar.

La moto versione 1983 viene affidata al belga Eric Geboers - campione del mondo in carica della ottavo di litro e pilota ufficiale Suzuki da un paio di stagioni - e a Michele Rinaldi, reduce da due anni un po’ al di sotto delle aspettative in sella alla Gilera disco rotante progettata da Jan Witteveen. Nell’inverno è stata rinnovata rispetto all’anno prima, con diverse modifiche che hanno interessato soprattutto la parte ciclistica. Il telaio monoculla sdoppiato all’altezza del motore, pur mantenendo la sua forma originale, viene irrobustito nella zona del trave superiore proprio al di sotto del serbatoio e dotato di un’ampia triangolatura per contenere la voluminosa scatola filtro. Nella parte posteriore invece la culla “avvolge” meglio il motore nella zona del perno del forcellone.

La sospensione posteriore con il sistema ammortizzante Full Floater, riceve tiranti più corti e ha le biellette del forcellone ridimensionate. Modifiche indispensabili, dettate dall’adozione del nuovo monoammortizzatore Kayaba in sostituzione dell’Öhlins montato la stagione precedente. La forcella Kayaba da 43 mm ha i foderi in Ergal montati su piastre in magnesio. Ad occhio risulta evidente la volontà dei progettisti di abbassare il baricentro della moto, anche con un nuovo serbatoio che si sviluppa più verso il basso rispetto al precedente.

Per quanto riguarda l’impianto frenante la Casa giapponese preferisce andare sul sicuro. E nonostante alcune rivali, come la Gilera, siano ormai passate al freno a disco anteriore, sulla RA restano i freni a tamburo su entrambe le ruote. Grazie all’abbondante utilizzo di materiali nobili come Ergal, magnesio e titanio, il peso a vuoto è di 88,50 kg, appena mezzo chilo in più del limite imposto dal regolamento della 125.

Il monocilindrico due tempi raffreddato a liquido di tipo “misto lamellare” - per via della sua doppia aspirazione: classica al cilindro e mediante pacco lamellare nel carter - è robustissimo e la sua affidabilità è un punto di forza della RA, dato che sono pochissime le rotture meccaniche fatte registrare dal motore durante la carriera.

Forse un po’ inferiore come valori di potenza rispetto alla concorrenza più agguerrita, il propulsore (54x54,5 mm) è però molto facile da gestire e mettere a punto, adattandosi alle caratteristiche dei diversi tracciati.

Con questa moto Michele Rinaldi diventa campione del mondo nel 1984 dopo una stagione corsa praticamente da privato - e da manager di se stesso - perché la Suzuki si è disimpegnata dal Mondiale lasciandogli in gestione moto e ricambi. A prendersene cura è Iller Aldini, meccanico di Rinaldi fin dai tempi della TGM, che ormai libero dai vincoli imposti dai giapponesi nel 1983 - quando gli avevano impedito qualsiasi modifica alla moto perché non gradivano interventi sul campo fatti da meccanici non appartenenti al Reparto corse Suzuki - lavora di sua iniziativa sulla RA affinandola e migliorandola.

La rincorsa al Mondiale

L’accoppiata Rinaldi-Suzuki debutta il 13 marzo 1983 a Maggiora nella Coppa Internazionale Intermarche, un esordio che si rivela positivo solo in parte. A far notizia sono la vittoria nella seconda manche, che Michele si aggiudica con oltre 30 secondi di vantaggio su Maddii, e purtroppo la rottura del cambio nella prima, un problema che spesso aveva afflitto il pilota parmense durante gli anni in Gilera appena conclusi. Il guasto comunque non preoccupa più di tanto, perché la RA utilizzata a Maggiora è un muletto che ha già parecchi chilometri sulle spalle.

Nella prima gara del Mondiale che si apre il 23 marzo a Best in Olanda, Rinaldi non è ancora al meglio fisicamente e ottiene un quinto ed un terzo posto di manche. Poi nella seconda prova austriaca di Launsdorf è secondo, superato in entrambe le occasioni dal compagno di squadra Eric Geboers che nella classifica generale viaggia a punteggio pieno.

Soltanto una settimana dopo l’appuntamento austriaco, il 17 aprile, il Campionato sbarca in Italia. A Lombardore Rinaldi mette a segno una fantastica doppietta e avvicina Geboers, che lo precede adesso in classifica di soli 17 punti. Poi si va in Belgio, a Bolderberg, dove Michele ottiene un secondo ed un terzo posto, sopravanzato da Geboers e anche da Velkeneers nella seconda manche. Risultati che portano a 22 punti il suo ritardo dalla vetta.

In qualche modo decisiva per un campionato in cui gli alfieri della Suzuki sembrano gli unici pretendenti alla vittoria finale, diventa la successiva prova francese di Vitrolles disputata il primo maggio. Dopo aver ottenuto un secondo posto nella prima frazione dietro al solito Geboers, Rinaldi si ritira nella seconda per una caduta: nel tentativo di superare Velkeneers atterra male da un salto ferendosi al mento e al ginocchio.

L’infortunio non è gravissimo (Michele non diserta alcun appuntamento immediatamente successivo) ma gli impedisce di allenarsi come vorrebbe per il resto della stagione. In condizioni fisiche non perfette affronta quindi il GP di Jugoslavia, dove è due volte terzo - nella prima manche dietro Geboers e Gibson e nella seconda ancora dietro a Geboers e Maddii - prima di essere vittima di un piccolo collasso dovuto alla fatica.

Nella prima prova del Campionato italiano, nel contestato pantano di Arsago Seprio, si ritira poi due volte. La delusione per la doppia battuta a vuoto è però mitigata dalla fantastica rimonta che nella seconda manche lo porta dall’ultima alla seconda posizione e che lo rassicura circa la sua tenuta fisica per i successivi appuntamenti iridati, nonostante il ginocchio infortunato dia ancora parecchio fastidio.

Il Mondiale riprende a Niederwurzbach in Germania soltanto una settimana dopo la gara di Arsago e nelle due manches flagellate dalla pioggia e con la pista ridotta a un pantano, Rinaldi è terzo e sesto, mentre Geboers vince una volta.

In Spagna Rinaldi vince la prima manche

Nell’ottavo appuntamento Mondiale che si disputa sul circuito spagnolo di Mongai, Rinaldi vince la prima manche precedendo Gibson e Vehkonen, ed è secondo nella successiva dietro all’olandese, rallentato però da una caduta e da un problema al registro del freno anteriore che lo costringe a fermarsi per ben due volte. Nonostante i due bei piazzamenti, il pilota italiano non approfitta come vorrebbe dell’assenza del suo compagno di squadra in Spagna (fuori gioco a causa di una frattura ad un piede dovuta a una caduta in allenamento).

Geboers, puntuale, rientra un mese dopo nella gara di Leningrado, dove Rinaldi rimonta ancora in classifica per poi riperdere nuovamente terreno in Svezia, dove la sua moto è afflitta da problemi alle sospensioni. Al termine del penultimo GP in calendario, quello di Finlandia, il pilota italiano decide di fermarsi quando è ormai matematicamente sicuro di poter conservare il secondo posto nella classifica finale del Campionato.

Lo stop è imposto dal riacutizzarsi dei problemi al ginocchio che lo convincono a farsi operare anzitempo in modo da essere pronto per i test invernali sulla RA versione 1984, previsti in Giappone. Così, dopo aver saltato l’ultima prova in Cecoslovacchia, Rinaldi chiude il Campionato del 1983 in seconda posizione con 220 punti, 63 in meno del vincitore Eric Geboers e 42 in più dell’americano Jim Gibson che in sella a una Yamaha si piazza al terzo posto.

L’infortunio lo esclude anche dalle tre restanti prove dell’Italiano che termina con la vittoria dell’ex compagno di squadra Corrado Maddii in sella alla Gilera.

Il 13 dicembre 1983 ad Arsago al Seprio, Rinaldi torna ufficialmente in sella per riprendere gli allenamenti, ma nel frattempo tutto è cambiato, anzi stravolto rispetto a quelli che erano i suoi programmi. Ad agosto, mentre è a casa fresco di intervento alla gamba, il pilota italiano riceve una telefonata con la quale Sylvain Geboers e il manager della Suzuki Tamaki, gli annunciano che la Casa giapponese ha deciso di ritirarsi dalle competizioni. Rinaldi, che ha ancora un anno di contratto da far valere, ottiene però in gestione le moto e quanto necessario per affrontare con un proprio team il Mondiale.

La stagione 1984 si apre a Mantova

La stagione 1984 si apre ufficialmente con il Motocross Internazionale di Mantova dove Michele ottiene un secondo, un quarto ed un primo posto di manche, ma i problemi fisici sembrano non avere fine. Infatti, risolti i guai al ginocchio, nella settimana precedente la gara di Mantova Rinaldi si è infortunato durante l’indoor di Parigi-Bercy, rimediando la subussazione della spalla.

Dopo le due prove di Campionato italiano di Maggiora e Arco di Trento, nelle quali perde il duello con Maddii per tre manche ad una, primeggia nella terza di Grottazzolina, dove precede il rivale, passato alla Cagiva, in entrambe le frazioni.

Il Mondiale 1984 si apre invece a Vittorio Veneto orfano del campione in carica Eric Geboers, passato in 500 con la Honda. Un rivale in meno per un campionato che sulla carta sembra un po’ più semplice da gestire del precedente se la sfortuna ancora una volta non ci mettesse lo zampino. Secondo nella prima manche dietro Van der Ven, Michele si blocca nella seconda frazione di gara. La spalla infortunata si lussa definitivamente, costringendolo al ritiro e, cosa ancor più grave, ad un nuovo stop per un intervento chirurgico che sembra ancora una volta frenare la sua rincorsa al titolo. Rinaldi salta le prove di Olanda, Belgio ed Austria nelle quali sono Van der Ven con la KTM, Strijbos con la Honda e i due alfieri della Cagiva, Vehkonen e Maddii, a dividersi la posta.

Quando rientra a Schefflenz in Germania, appena un mese dopo l’operazione, il suo distacco dal primo - Van der Ven con la Yamaha - è di 105 punti e sembra ormai incolmabile. Invece la rimonta inizia al GP successivo in Svizzera, dove l’olandese si ritira per la frattura al dito mignolo di una mano dopo l’urto con un paletto che delimita la pista. Un primo e un terzo posto portano Rinaldi a 72 punti mentre Maddii, che in sella alla Cagiva si rivelerà fino all’ultimo il suo più agguerrito rivale, è secondo a quota 140, staccato di 32 punti dall’olandese ancora leader della classifica iridata. A San Marino Maddii allunga ancora con due vittorie, poi in Francia e Spagna Michele mette a segno due doppiette che lo avvicinano al rivale autore nell’ultima gara di pessime partenze. Seguono la strana prova di Hallstavik in Svezia che vede finire Nilsson, Rinaldi e Maddii primi a pari merito e la penultima di Kuopio in Finlandia, dove altre due vittorie di manches avvicinano il parmense al portacolori della Cagiva. Maddii ha adesso 299 punti, Rinaldi 269, mentre Van der Ven è ormai staccato a 205. La gara di Ettelbruck, in Lussemburgo, del 12 agosto, diviene così quella decisiva per l’assegnazione del titolo. Rinaldi sa che per vincere deve solo attaccare, ma a decidere le sorti di quel titolo arriva, durante le prove ufficiali, l’incidente che mette fuorigioco Corrado Maddii. Scontratosi con Michele Fanton, il pilota della Cagiva riporta la frattura di tibia e perone e deve così forzatamente rinunciare all’ultima decisiva battaglia. Rinaldi, emotivamente coinvolto dall’incidente, pensa inizialmente di rinunciare alla corsa.

Poi spinto da altri colleghi, Geboers e Jobè in testa, prende il via per tentare il sorpasso. Alla fine della giornata risulterà vincitore della corsa e del titolo iridato, grazie ad un primo ed un quarto posto di manche che gli permettono di raggiungere quota 302 punti, tre in più di Maddii, fermo irrimediabilmente a quota 299.

A concludere la stagione arrivano poi altre due brillanti affermazioni per il pilota di Parma. La prima a Dalecin, in Cecoslovacchia, dove nella Coppa delle Nazioni a squadre della classe 125 primeggia in entrambe le manches mettendosi alle spalle Van der Ven e Vehkonen. La seconda a Faenza nella quarta prova dell’italiano dove mette a segno un’altra doppietta, un risultato che gli assegna il titolo anticipatamente.

A questo punto Rinaldi scende definitivamente dalla sua RA 125 e passa in 250.

Caratteristiche tecniche

Motore: monocilindrico a due tempi raffreddato a liquido. Alesaggio per corsa 54x54,5 mm. Cilindrata 123,6 cc. Testa e cilindro in lega leggera con canna in ghisa a sei travasi. Pistone a due fasce da 0,6 mm di spessore. Rapporto di compressione 8,4:1. Ammissione lamellare. Potenza max 29 CV (32 CV nel 1984) a 14.000 giri.

Alimentazione: carburatore Mikuni VM34 da 34 mm a valvola piatta. Capacità serbatoio carburante 8 litri.

Accensione: elettronica Kokusan.

Frizione: multidisco in bagno d’olio.

Trasmissione: primaria ad ingranaggi. Finale a catena (rapporti: pignone 11 denti, corona 52 denti).

Cambio: a sei marce.

Telaio: monoculla sdoppiato all’altezza del motore in tubi d’acciaio al cromo-molibdeno. Avancorsa 125 mm.

Sospensioni: anteriore forcella Kayaba da 43 mm; posteriore forcellone oscillante in lega leggera a sezione rettangolare (58x32 mm) con monoammortizzatore Kayaba regolable e sistema Full Floater.

Freni: a tamburo, anteriore a doppia camma; posteriore a camma semplice.

Ruote: a raggi con cerchi D.I.D. in lega leggera. Anteriore 1,60-21”, posteriore 1,85-18”. Pneumatici: anteriore 3.00-21, posteriore 4.25-18.

Dimensioni (in mm) e peso: lunghezza 2.170, interasse 1.485, larghezza al manubrio 840, altezza sella 930, altezza max 1.220, altezza pedane 420, luce a terra 300. Peso a vuoto 88,5 kg.

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