di Gualtiero Repossi - 01 May 2023

Elf Endurance: futuroscope

Dal 1978 al 1987 la Casa petrolifera francese Elf ha finanziato il progetto di una rivoluzionaria moto da corsa con soluzioni di derivazione automobilistica, che ha fatto delle sospensioni monobraccio e della mancanza del telaio il proprio “manifesto”. Utilizzando i motori ufficiali Honda a 2 e 4 tempi ha corso nell’Endurance e nel Mondiale 500 ottenendo i migliori risultati nelle gare di durata

L’avventura della Elf nasce dal 1977 quasi per scommessa. Un giorno l’ingegner André de Cortanze - validissimo tecnico automobilistico in forze al Reparto corse Renault, ma appassionato di moto - durante una conversazione con Francois Guiter - responsabile dell’attività sportiva su due ruote della Elf - si lascia sfuggire una considerazione personale.

A suo avviso, dice, il progresso tecnico delle moto per quanto riguarda telaio e sospensioni è notevolmente arretrato rispetto a quanto si vede in campo automobilistico. I progettisti cercano soltanto di avere motori con sempre più CV, ma poi per tutto il resto rimangono vincolati a schemi antiquati. De Cortanze, da bravo ingegnere è anche preciso nella sua analisi, quantificando in 10 anni il gap tecnologico fra auto e moto da corsa, soprattutto nel campo delle sospensioni.

10 anni più avanti delle altre

Guiter coglie la palla al balzo e rilancia subito, proponendo all’ingegnere di realizzare una moto 10 anni più avanti delle altre, in modo da colmare la distanza con le quattro ruote.

E per rendere ancora più appetibile la proposta offre un budget di 100.000 franchi, che con il cambio dell’epoca equivalevano a circa 20 milioni delle vecchie lire. Una cifra ridicola vista la disponibilità finanziaria del colosso petrolifero - che non ha però intenzione di gettare al vento i propri soldi e non considera l’idea di farsi pubblicità con un progetto del genere - ma sufficiente a coprire le spese.

De Cortanze accetta la sfida e coinvolge nel progetto della nuova moto amici e conoscenti: l’ingegner Jaco Bèranger, Paul Verret (che nella vita costruisce caldaie) e, in un secondo tempo, Daniel Trema, un giovane tecnico che prima affianca De Cortanze e poi addirittura lo sostituisce nello sviluppo delle Elf che verranno costruite dopo il 1984.

In appena sei mesi di lavoro la moto viene terminata attorno al motore 4 cilindri della Yamaha TZ 750 e, con il nome di Elf X (dove la X sta a significare Experimentale), presentata al Salone di Parigi del 1978. L’impatto su pubblico e addetti ai lavori è subito fortissimo: la Elf X è completamente priva di telaio per ridurne il peso, ha le sospensioni fissate con delle piastre direttamente al basamento motore, con quella anteriore addirittura monobraccio. Per abbassare il più possibile il baricentro il serbatoio del carburante è montato sotto il motore, mentre le espansioni in acciaio inox (costruite dall’italiana Figaroli) passano sopra il quattro cilindri. Le sospensioni sono di chiara ispirazione automobilistica, lavorano con un efficace sistema anti-dive, si possono regolare molto velocemente e consentono di cambiare le ruote con estrema rapidità. L’originale carena monoscocca in vetroresina trattata è stata realizzata nella galleria del vento della Renault ed è portante. Infatti, oltre a coprire le espansioni, assolve insieme le funzioni di telaietto reggisella e sella. La scelta del motore non è casuale. Si pensa infatti di far correre il prototipo nel Mondiale 750, ma poi l’abolizione di questo Campionato al termine del 1979, a cui si aggiungono i problemi emersi nello sviluppo della moto e l’immediato interessamento al progetto della Honda che si offre di fornire gratuitamente i suoi motori ufficiali RCB 1000 in cambio di una collaborazione che prevede il travaso di know-how fra le due Case, fanno si che il debutto agonistico avvenga nell’Endurance, disciplina cara ai francesi e che oltralpe gode di enorme popolarità.

Arriva il motore Honda

I primi test non vanno benissimo. Michel Rougerie, il pilota incaricato di far muovere i primi passi alla Elf X, si lamenta per le difficoltà incontrate nella messa a punto e per la guida piuttosto inconsueta richiesta dalla moto. C’è però anche un grave problema strutturale da risolvere: il 4 cilindri della Yamaha TZ è nato per essere ospitato nel tradizionale telaio a doppia culla di una leggera moto da GP. Utilizzato come parte strutturale e stressata nella ciclistica della moto, non regge lo sforzo e si rompe.

Fortunatamente, come abbiamo già anticipato, in soccorso di De Cortanze e del suo gruppo arriva la Honda con il 4 cilindri bialbero a quattro tempi RCB che, seppure nato anch’esso per avere altre destinazioni, è pur sempre più robusto del TZ 750.

Attorno al motore Honda, De Cortanze costruisce la Elf E (dove la E significa Endurance) che fa il suo debutto al Bol d’Or e partecipa con diverse pause di “riflessione” al Mondiale Endurance fino al 1983, cogliendo nella sua ultima stagione iridata il miglior piazzamento, alla 1.000 km del Mugello con Guilleux e de Radigues.

La moto è estremamente veloce e leggera, ma soffre di una certa fragilità meccanica che, come nel caso della Elf X, va imputata al motore, nato per altri impieghi e per sopportare sforzi differenti. Oltre ai già citati Guilleux, de Radigues e Le Liard, alla guida della Elf E si avvicendano anche l’americano Dave Aldana, i francesi Roland Freymond e Jacques Bolle e il nostro Walter Villa,

Quest’ultimo viene chiamato dallo stesso De Cortanze alla ricerca di un ottimo collaudatore, magari anche veloce in gara. Il pilota italiano, ormai a fine carriera, si impegna nel far crescere la moto, ma il progresso e i risultati non arrivano. O meglio, non arrivano quelli sognati dal finanziatore. I più maligni si spingono ad accusare Villa di essere troppo accomodante verso gli autori del progetto e che quindi il suo atteggiamento non sia quello giusto per avere miglioramenti.

Fatto sta che le strade del pilota italiano e della Elf si dividono proprio nell’anno in cui la E raccoglie i suoi risultati migliori prima di essere pensionata.

Nel 1984 cambia il regolamento

Ma anche De Cortanze non resta ancora per molto. Nel 1984 infatti cambia il regolamento del Mondiale Endurance che fissa in 750 cc il limite massimo di cilindrata delle motociclette che possono parteciparvi. Per questo motivo il motore RCB viene pensionato e sostituito dal nuovo 4 cilindri a V raffreddato ad acqua che va ad equipaggiare la nuova Honda RVF750. Anziché scegliere questo motore per continuare nell’Endurance, Elf e Honda decidono di cambiare strada e passare al Mondiale 500 da GP, costruendo una nuova moto attorno al tre cilindri a V raffreddato ad acqua della NS, fresco vincitore del titolo iridato della mezzo litro con Freddie Spencer nel 1983.

La Elf 2 che vede la luce nel biennio 1984-1985 è l’ultima al cui progetto dà il suo contributo di De Cortanze, che quell’anno lascia la Renault per passare alla Direzione tecnica del Gruppo Peugeot-Talbot e dare vita alla plurivittoriosa Peugeot 205 (nella versione Rally e Dakar). Prima di andarsene il tecnico transalpino lascia però come “testamento” una moto che porta all’estremo tutte le sue idee sviluppate nei sei anni con la Elf.

Purtroppo la Elf 2 è inguidabile che Christian Le Liard giudica quasi pericolosa per il suo sterzo imprevedibile e che per questo motivo non partecipa ad alcuna gara.

Quando finalmente conosce il battesimo della pista, in occasione del GP di Francia del 1985, la moto si chiama Elf 2A ed è stata rivista nelle sospensioni da Daniel Trema, il tecnico che ha sostituito De Cortanze alla guida del progetto, assistito da Serge Rosset (proveniente dalla Kawasaki-France e fondatore della ROC).

La revisione delle sospensioni della Elf 2A è il primo passo verso una serie di compromessi a cui scendono Trema e Rosset negli anni seguenti alla ricerca di quei risultati che continuano a non arrivare.

Dalla Elf 2B del 1986 alla Elf 5 che chiude l’avventura nel 1988 si assiste alla comparsa progressiva di un telaio, all’introduzione di una nuova sospensione anteriore di tipo McPherson e alla collocazione del serbatoio in posizione tradizionale anziché sotto al motore, fino ad arrivare ad un paradosso: la Elf 4 del 1987, la prima ad utilizzare il motore 4 cilindri della NSR, pesa 129 kg a vuoto, cioè 10 kg in più della Honda NSR ufficiale usata quell’anno da Gardner per vincere il Mondiale 500. Dieci kg che per una moto priva (in apparenza) di telaio e che fin dagli esordi ha fatto della leggerezza uno dei punti di forza sono un vero controsenso.

Cosa è mancato all’idea originale di De Cortanze per non essere vincente? La singolarità del progetto Elf stava nel fatto che l’ingegnere francese avrebbe potuto sviluppare in piena autonomia tutte le sue idee, senza cioè dipendere da alcuna Casa motociclistica. Ma nel momento stesso in cui è nata la collaborazione con la Honda questo presupposto è venuto a mancare. Non tanto perché il colosso di Tokyo ha messo dei vincoli al progetto, ma perché i suoi motori RCB, NS e NSR non erano nati per essere strutturalmente portanti e per sopportare con il loro basamento gli enormi sforzi richiesti.

E se poi si aggiunge a questo la complicazione delle sospensioni monobraccio e dello sterzo indiretto, tanto efficaci sulle automobili quanto inutile complicazione nelle moto, ecco allora che il quadro della situazione è completo. Pur nella sua sofisticatissima espressione tecnica, il progetto Elf è stato sì un salto in avanti tecnologico di 10 anni, ma accompagnato da una caduta…

Caratteristiche tecniche

Motore: 4 cilindri in linea frontemarcia, 4 tempi, raffreddato ad aria. Alesaggio per corsa 67,9x69 mm. Cilindrata 998,89 cc. Distribuzione a doppio albero a camme in testa comandata da catena centrale, con 4 valvole per cilindro. Accensione: elettronica. Alimentazione: 4 carburatori Keihin CR da 33 mm. Capacità serbatoio carburante 24 litri. Lubrificazione: a carte secco con doppia pompa di mandata e recupero. Capacità serbatoio olio 5,5 litri. Frizione: multidisco a secco con comando idraulico. Cambio: a 5 rapporti con ingranaggi sempre in presa. Trasmissione: primaria ad ingranaggi, finale a catena. Telaio: motore portante e monoscocca portante in fibra di vetro reggisella. Sospensioni: anteriore monobraccio costituita da due braccetti oscillanti paralleli al terreno con l’inferiore avente funzione portante e monoammortizzatore Marzocchi regolabile, avancorsa 110 mm; posteriore monobraccio oscillante in magnesio con monoammortizzatore Marzocchi regolabile. Freni: anteriore a disco singolo in carbonio SEP da 300 mm montato al centro dell’asse longitudinale della moto con pinza Lockheed a 4 pistoncini e pastiglie in carbonio; posteriore a disco in carbonio SEP da 280 mm montato al centro dell’asse longitudinale della moto con pinza Brembo a doppio pistoncino montata flottante e con pastiglie in carbonio, dispositivo meccanico antisaltellamento. Ruote: in lega leggera lenticolari, anteriore e posteriore da 18”. Pneumatici anteriore 3.25-18, posteriore 3.85/6.50-18. Dimensioni (in mm) e peso: lunghezza max 2.010, larghezza max 560, interasse 1.465, altezza max 1.090, altezza sella 770, altezza pedane 395, luce a terra 110.

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