Luigi Corbetta - 08 May 2023

Kawasaki KLR 600: buona l'ultima

All’inizio degli anni Ottanta anche la Kawasaki entra, ultima tra le Case giapponesi, nel settore delle grosse enduro monocilindriche con la KLR 600. A pochi mesi dal lancio, la moto viene poi dotata dell’utile quanto comodo avviamento elettrico

La Kawasaki, rispetto alla concorrenza giapponese, entra in ritardo nel settore delle grosse enduro monocilindriche. Ad aprire le “danze”, come più volte scritto, è stata la Yamaha XT 500, seguita tempo dopo dalla Honda XL500S. Questo genere di motociclette tuttofare, in grado di affrontare viaggi su asfalto, attraversare il deserto o più semplicemente percorrere in tranquillità sterrati e mulattiere presenti anche dietro l’angolo di casa, all’inizio degli anni Ottanta interessa sempre più i motociclisti sia a “stelle e strisce” che gli europei. I successi dei pochi modelli in listino fanno si che la maggior parte dei Costruttori vogliono entrare in questo settore.

Se Yamaha ed Honda, all’inizio degli anni Ottanta possono presentare già la seconda serie delle proprie enduro, altre Case si cimentano per la prima volta. È il caso della Kawasaki che, dopo un attento e lungo studio, presenta e poi mette in commercio la sua 600, la KLR. Il battesimo avviene a Parigi nel 1983; nei concessionari italiani debutta nella primavera dell’anno seguente.

Meccanica raffinata

Essendo giunta in ritardo rispetto alla concorrenza, la moto deve avere un qualcosa in più per poter essere appetibile. Ben lo sanno i tecnici della Casa che dotano la grossa monocilindrica da entrofuoristrada di parecchie finezze che fanno ingolosire molti appassionati. La linea è abbastanza originale, spigolosa, caratterizzata dalla presenza del monoammortizzatore (soluzione che in questi anni diventa quasi obbligatoria se si vuol rimanere al passo con i tempi) con sistema Uni-Trak e dei radiatori con relativi convogliatori dell’aria. A differenza degli altri modelli sul mercato, la KLR vanta infatti il raffreddamento a liquido che permette al motore di funzionare sempre ad una corretta temperatura. Rimanendo sull’estetica, può lasciare perplessi il parafango posteriore, che prosegue verso il basso per ospitare la targa e proteggere pilota e passeggero dagli spruzzi ma, sempre al retrotreno, troviamo forcellone e telaietto smontabile in lega di alluminio.

Il tocco di classe, l’ulteriore marcia in più rispetto al “resto del mondo”, spetta però al propulsore, un moderno monocilindrico a corsa corta dotato, come abbiamo già accennato, di raffreddamento a liquido, distribuzione bialbero in testa con 4 valvole e doppio contralbero anti vibrazioni. Un motore che si rivela subito godibile, con una buona elasticità e allungo. Stiamo però parlando di un mono da quasi 600 cc (564 per l’esattezza), dunque non facile da avviare, soprattutto per chi non ha muscoli allenati ed un’altezza da giocatore di basket.

È vero che se si è bassi si può lasciare la moto sul cavalletto laterale (meglio sarebbe però uno centrale…) e, stando in piedi sulle pedane, azionare la leva di avviamento. Ma se si è in fuoristrada o anche solo in un prato, questa pratica può rivelarsi difficile da attuare per lo sprofondamento della stampella nella terra stessa. In questi anni le moto in vendita hanno decompressori manuali (del tipo adottato dalla Yamaha XT per intenderci) o automatici. I tecnici che danno vita alla KLR optano per quest’ultima soluzione e brevettano il Kawasaki Automatic Compression Release (KACR). In pratica si tratta di un dispositivo indipendente (dunque non comandato da leve e levette varie), applicato sull’estremità destra dell’albero a camme di scarico e che provvede a tenere aperta leggermente la valvola più esterna fino a quanto il motore raggiunge i 1.000 giri. Oltre tale valore, delle massette centrifughe richiamano il pernino che fa leva sul bicchierino della valvola che a sua volta può tranquillamente chiudersi quando non è azionata dalla camma.

Poliedrica ma…

Dopo l’analisi tecnica, vediamo come va la moto. La posizione di guida, comoda grazie anche alla sella posta alla giusta altezza, permette la piena padronanza della KLR, che si dimostra stabile su strada ed in grado di affrontare il fuoristrada anche impegnativo grazie al primo rapporto particolarmente corto. Al più si può sentire l’esigenza di montare pneumatici più specifici se si abbandona spesso l’asfalto, ma questo è un problema comune a tutte le moto “ibride”. Buono anche il motore che, nonostante non sia un mostro di potenza, è fluido, regolare, con una buona coppia ed un allungo inaspettato. E poi, grazie ai bilanciatori, di vibrazioni se ne sentono pochissime. Per contro, le sospensioni sono un po’ morbide, l’autonomia, causa il consumo abbastanza elevato e il serbatoio poco capiente, limitata; la frenata accettabile se non si adotta una guida sportiva o se non si viaggia carichi. Infine l’avviamento, soprattutto a caldo, è pronto, anche se non troppo comodo per via della pedivella imperniata ad altezza notevole.

Praticamente perfetta

La vera rivoluzione per il settore arriva però qualche mese dopo, quando la stessa Kawasaki presenta la KLR 600 E, ovvero la prima moto da enduro da 600 cc con l’avviamento elettrico. Per la verità il “bottoncino” era atteso fin dall’inizio, visto che la Casa lo aveva annunciato, ma così non fu. Ora, a distanza di pochi mesi, con il ragionevole sovrapprezzo di 200.000 lire, lo si può ottenere. È sufficiente così schiacciare per pochi secondi il bottone posizionato in prossimità del comando del gas per avviare il motore. Se la Kawasaki è l’ultima del gruppo ad entrare nel settore delle entrofuoristrada, è però la prima a soddisfare il desiderio di molti centauri di avere l’avviamento elettrico, tanto utile anche quando la moto è stracarica di bagagli.

Una simile comodità non stravolge la personalità della KLR. Esteticamente sono infatti pochissime le differenze fra i due modelli. A parte il motorino, inserito “discretamente” dietro il cilindro, compare sui fianchetti la scritta “Electric starter”. La pedivella, per le emergenze, non viene tolta. Questa moto, che possiamo considerare una sorta di seconda serie, beneficia inoltre di alcune modifiche che la rendono ancor più gradevole all’uso sia su strada che fuoristrada e che risolvono di fatto i problemi riscontrati sui primissimi modelli.

Le sospensioni sono leggermente irrigidite, a tutto vantaggio della già ottima tenuta e stabilità dimostrata finora; i nuovi pneumatici ribassati garantiscono un’ulteriore aumento della già ottima tenuta; il freno a disco, che mostrava segni di affaticamento se strapazzato, aumenta di spessore, migliorando così la resistenza allo sforzo; il “reparto distribuzione” guadagna un nuovo sistema di tensionamento della catena di distribuzione e differenti bilanciatori.

Grazie a questi piccoli accorgimenti ed a una migliore messa a punto, il motore risulta ancora più fluido ed alla prova dei fatti leggermente più potente (35 CV alla ruota contro i precedenti 33). Per contro, è aumentato il peso generale della moto di circa 8 kg, che si fanno però sentire solo nel fuoristrada più impegnativo.

Questione di prezzo

Vero e proprio difetto di questa moto è forse da ricercare nel prezzo, che limiterà il diffondersi della KLR: la prima versione è in listino nel 1984 a 5.992.900 lire, la stessa cifra dell’Honda XL600R, ma di gran lunga maggiore di quanto richiesto per l’apprezzata Yamaha XT 550 (5.060.000 lire) o la Suzuki DR 500S (4.396.000 lire). L’anno successivo le cose andranno ancora peggio sotto questo punto di vista: 6.313.000 lire per la versione KLR 600 E (200 mila lire meno per la base). L’unica concorrente che costa di più (peraltro per sole tremila lire - 6.315.000) è la Yamaha XT 600 Ténéré. A giustificazione del prezzo elevato, le finiture, sicuramente curate, e le soluzioni tecniche all’avanguardia. Ma a volte tutto ciò non basta. Alla fine del 1986 la Kawasaki presenta l’evoluzione della 600, ovvero la KLR 650, moto quasi totalmente nuova (anche se all’apparenza può sembrare solo una “maggiorata”) che però ha meno fascino e soluzioni tecniche più semplici. La 600 rimane ancora in listino, aggiornata ulteriormente sul versante della distribuzione e dotata di cerchi anodizzati color oro.

Dati tecnici dichiarati (tra parentesi i dati della versione con avviamento elettrico KLR 600 E)

Motore: monocilindrico a 4 tempi raffreddato ad acqua con pompa di circolazione meccanica e termostato. Distribuzione bialbero comandata da catena tipo Morse e 4 valvole. Dispositivo centrifugo alzavalvola. Due contralberi di bilanciamento. Alesaggio per corsa 96x78 mm, cilindrata 564 cc. Rapporto di compressione 9,5:1. Diagramma di distribuzione: aspirazione 19° -69°, scarico 55°-25°. Lubrificazione: a carter umido con olio nella coppa del carter motore e pompa trocoidale. Alimentazione: un carburatore Keihin CVK 40 a depressione; diametro diffusore 40 mm, getto max 130, getto min 40, getto avviamento 70, getto freno aria 50, polverizzatore 6. Filtro aria in spugna. Capacità serbatoio benzina 11,5 litri, di cui 1,2 di riserva. Accensione: elettronica a scarica capacitiva Japans Elettronics Control System, anticipo automatico da 10°/1.300 giri a 40° a 3.000 giri. Impianto elettrico: tensione impianto elettrico 12V, alternatore da 145W, batteria da 12V-4Ah (12V-8Ah), lampada alogena faro ant 60/55W, lampada fanale post 5/21W, lampade segnalatori di direzione 21W, lampade spie di servizio 3W. Frizione: a dischi multipli in bagno d’olio. Sette dischi condotti e sei conduttori. Cambio: a 5 marce. Valore rapporti interni: 2,437 in prima, 1,529 in seconda, 1,181 in terza, 0,954 in quarta, 0,791 in quinta. Trasmissione: primaria a ingranaggi a denti dritti, rapporto 2,428 (68/28), finale a catena, rapporto 2,866 (43/15). Valori totali di trasmissione: 16,956 in prima, 10,638 in seconda, 8,217 in terza, 6,637 in quarta, 5,503 in quinta. Telaio: monotrave in acciaio con culla sdoppiata sotto il motore, triangolazione posteriore in alluminio smontabile. Inclinazione cannotto di sterzo 29,5°, avancorsa 122 mm. Sospensioni: anteriore forcella Kayaba a funzionamento misto idraulico-pneumatico con steli da 38 mm ed escursione 230 mm; posteriore forcellone in lega leggera a sezione quadrangolare montato su cuscinetti ad aghi. Sistema Uni-Trak, monoammortizzatore con regolazione del precarico della molla e 4 regolazioni del freno idraulico, escursione ruota 220 mm. Ruote: cerchi in lega leggera da 21” ant e 17” post; pneumatici da 3.00-21 ant (90/90-21 54S) e da 4,60-17 post (130/80-17 65S). Freni: anteriore a disco da 250 mm con pinza flottante, posteriore a tamburo da 130 mm. Dimensioni (in mm) e peso: lunghezza 2.240, interasse 1.470, larghezza manubrio 875, altezza massima 1225, altezza min da terra 280, altezza sella 870. Peso a vuoto 138 kg (146 kg). Prestazioni: potenza max 42 CV a 7.000 giri, coppia max 4,7 kgm a 5.500 giri, pendenza superabile 32°, raggio minimo di sterzo 2,2 m, distanza di arresto 12,5 m a 50 km/h, velocità max 165 km/h circa. Prestazioni effettive rilevate da Motociclismo (in parentesi i dati della versione E): potenza max all’albero 36,96 CV a 7.250 giri (39,97 CV a 7.000 giri), alla ruota 33,04 CV (35,70); coppia max all’albero 4,22 kgm a 6.000 giri (4,44), alla ruota 3,77 (3,97); velocità max 156,5 km/h (160,150). Peso con acqua e olio 148 kg (156,5). Consumo urbano 16,5 km/l (14), extraurbano 16,3 km/l (20), consumo a 130 km/h 15,2 km/l (16), consumo autostradale a velocità max 13,5 km/l (12).

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