Telaio: la base di partenza è il robusto doppia culla chiusa utilizzato sulle stradali R 45 e R 65. Cambiano però i dati di avancorsa e interasse (si passa rispettivamente da 96 a 117 mm e da 1.390 a 1.495 mm). Ovviamente la parte posteriore viene modificata per adattarla al forcellone monobraccio con il monoammortizzatore della Bilstein. Per avere una posizione di guida ed un assetto più fuoristradistico l’attacco delle pedane è più arretrato e rialzato. Sospensioni: all’avantreno troviamo una forcella “made” in BMW che non brilla per efficienza e robustezza. Ha steli da 38,5 mm, è abbastanza morbida, è dotata di una sufficiente escursione (200 mm), ma viene subito messa in crisi dal freno a disco anteriore. Anche analizzandola internamente, la presenza di un solo misero paraolio per gambo dà più l’impressione di avere a che fare con una sospensione stradale che non da off-road. A risolvere parzialmente il problema dello “svergolamento” in frenata ci penserà successivamente un cavallotto applicato tra i due foderi. Al retrotreno invece la musica è diversa: pur mantenendo la trasmissione ad albero cardanico, è dotato di sospensione monobraccio denominata Monolever. Tale soluzione, al di là dell’evidente semplificazione in caso di smontaggio della ruota, fa risparmiare peso (7 kg) e aumenta del 30% la resistenza alla torsione rispetto alle soluzioni fino a quel momento in uso. Nuovo, in vista delle maggiori sollecitazioni a cui andrà incontro, il carter per la coppia conica. Come elemento ammortizzante troviamo infine un ammortizzatore Bilstein regolabile su tre posizioni di molla e con escursione di 170 mm. Freni: poche modifiche a questa voce. All’anteriore troviamo un disco da 264 mm con pinza Brembo a doppio pistoncino ed al posteriore un decoroso tamburo da 200 mm. Volendo si può richiedere il secondo disco perché il fodero sinistro della forcella è già dotato di appositi attacchi per la seconda pinza. Ruote: trattandosi di una moto da fuoristrada è tutto nuovo per una BMW. I cerchi sono della Akront in lega leggera: robusti e leggeri, il che non guasta visto che la riduzione di peso è uno degli elementi alla base del progetto. Per le misure, in sostituzione della classica formula 19” all’anteriore e 18” al posteriore, si opta per l’ormai affermata combinazione 21”-18”. Pneumatici: i tassellati “pesanti” influenzerebbero negativamente la guida su asfalto, mentre delle gomme prettamente stradali tarperebbero le velleità fuoristradistiche della motocicletta. Ecco allora venire incontro la Metzeler che per la R 80 G/S mette a punto un pneumatico destinato a diventare un classico ancora oggi apprezzato: l’Enduro, omologato fino a 180 km/h e buon compromesso nel doppio utilizzo sterrato/asfalto.
Dopo l’iniziale diffidenza, la nuova R 80 G/S diventa come già detto un best-seller fra i motociclisti. Molto è dovuto al ritorno d’immagine fornito dalle competizioni in Africa dove la BMW decide di impegnarsi ufficialmente a partire dal 1980. Le vittorie di Hubert Auriol e Gaston Rahier alla Parigi Dakar, il successo dello stesso Rahier al Rally dei Faraoni contribuiscono a far tirare le vendite della G/S che rimane pressoché immutata fino a metà degli anni Ottanta. Nel frattempo però i giapponesi si sono riorganizzati e hanno sfornato la seconda generazione di Enduro, tutte di 600 cc e proposte anche in versioni smaccatamente “dakariane”, munite cioè di maxi-serbatoio. A quel punto non sono più sufficienti dei semplici aggiornamenti estetici, come il serbatoio maggiorato della versione Parigi-Dakar. Così nel 1987 viene presentata la seconda versione chiamata R 100 GS, che rafforzerà ulteriormente il mito della G/S.