Innocenti Lambretta Cento / J125: ciambella senza buco

Ha segnato una piccola rivoluzione per l’Innocenti: la Cento è stata la prima Lambretta ad adottare la carrozzeria portante in luogo del telaio monotrave in tubo d’acciaio. Pensata per l’estero e poi commercializzata anche in Italia, non ha ottenuto il successo sperato, penalizzata da prestazioni modeste e uno scarso “appeal”. Ma è importante nella storia dello scooter milanese perché dalla Cento hanno preso forma la J 50 e la J 125, due modelli apprezzati e diffusi

Uno dei tratti distintivi della Piaggio Vespa, prima dei modelli automatici di ultima generazione, è la sua fedeltà al progetto originale: dalla 98 del 1946 alla PX dei giorni nostri la carrozzeria è portante e il motore posizionato di lato, con la trasmissione diretta dal secondario del cambio alla ruota. Non si può dire altrettanto per la sua più celebrata concorrente, l’Innocenti Lambretta, passata dal cilindro verticale a quello orizzontale e dalla trasmissione ad albero e coppie coniche a quella a catena duplex con la 175 TV del 1957. Un aggiustamento tecnico di grande spessore e di grande successo commerciale, che accompagnerà lo scooter della Casa milanese per tutta la sua carriera. Scooter che, ricordiamolo, era caratterizzato da un telaio monotrave costituito da un tubo di grossa sezione ed elementi stampati. Ma sulle rive del Lambro si è pensato anche ad una scocca portante, proprio come la rivale Vespa, per modelli di piccola cilindrata, di missione strettamente utilitaria.

Nel 1961 il prototipo della Lambretta 50

1/2

Il prototipo della J 50 al Salone di Milano del 1961 che introduce come novità la scocca portante in lamiera che servirà per la Cento

Fa così sensazione allo stand Innocenti del Salone del Motociclo di Milano del 1961 il prototipo della inedita Lambretta 50: un’estetica moderna, ruote da 10” e soprattutto una carrozzeria portante. Come sappiamo, questo interessante progetto verrà inspiegabilmente accantonato per ricomparire, in versione definitiva, alla fine del 1964. Un anno esatto dopo il lancio della Vespa 50, il cui strepitoso successo penalizzerà ancora di più il colpevole ritardo della messa in produzione della rivale milanese, costretta ad una posizione di rincalzo nel ricco mercato dei ciclomotori dedicati anche ai quattordicenni e che non necessitano di targa né patente.

Dopo il prototipo del 1961, la carrozzeria portante rimane comunque nei programmi dell’Innocenti: al Salone del Motociclo di Amsterdam, a cavallo tra febbraio e marzo 1964, a sorpresa viene presentata la Lambretta Cento.

Si tratta di un modello definitivo, pronto per la commercializzazione sui mercati esteri (da qui la scelta di presentarla al Salone olandese), caratterizzato dalla novità della carrozzeria portante. È una Lambretta compatta, di chiara missione utilitaria, con richiami stilistici a modelli conosciuti come la Li 3ª serie grazie all’ampio scudo protettivo, al parafango fissato alla scocca, al filante complesso manubrio-fanale e alle fiancate. Il posteriore, dalle forme decisamente squadrate, contrasta piacevolmente con le rotondità del corpo centrale e il parafango anteriore di linea smussata. Originale la scelta della coppia di selle che sarà però mantenuta solo nella primissima produzione, sostituita da un elegante sellone biposto. Lo scudo è privo della mascherina copritubo di sterzo che nei modelli conosciuti incorpora l’avvisatore acustico, qui in bella vista appena sotto il fanale. Anche il motore riserva qualche sorpresa: pur derivando dall’unità 125 della Li con la semplificazione della trasmissione a catena simplex invece che duplex, è proposto nell’insolita cilindrata 98,05 cc con cilindro verticale per facilitarne l’alloggiamento nella nuova scocca. Il cambio è a tre marce, con il tradizionale comando a manopola; i cerchi scomponibili sono da 10” con pneumatici di sezione 3.00. Il monocilindrico a due tempi è accreditato di 4,7 CV di potenza per una velocità massima dichiarata di 76 km/h.

Con la Lambretta Cento l’Innocenti vuole inserirsi nel settore degli scooter utilitari leggeri, maneggevoli, ideali per le problematiche sempre più pressanti del traffico urbano, il giusto compromesso tra i 50 e i 125 cc per prestazioni e costi di acquisto e di esercizio: la Cento è “il risultato degli studi e dell’adeguamento della produzione motoscooteristica ai nuovi problemi che scaturiscono dall’avvento del MEC, realizzato tenendo conto principalmente dei problemi europei del traffico”, così recita un comunicato della Casa costruttrice riportato su Motociclismo di aprile 1964 che descrive la novità.

Accoglienza tiepida

1/10

Rispetto alla classica Lambretta Li 125 terza serie, la Cento è più corta di ben 10 cm e più stretta di 7. Tuttavia pesa 15 kg in meno (90 kg contro 105)

Con poche modifiche di dettaglio - la marmitta da nera a color alluminio, la presenza di listelli in gomma sul tunnel centrale della pedana - rispetto al modello esposto ad Amsterdam, la Lambretta Cento, che sarà chiamata simpaticamente Baby in alcuni Paesi, affronta il responso del mercato. L’accoglienza però è tiepida, sicuramente al di sotto delle aspettative: la Cento non sfonda come gli altri modelli, forse è troppo modesta per una clientela abituata alla personalità esuberante dei modelli conosciuti. Per incrementare i deludenti volumi di vendita, l’Innocenti decide di proporla anche sul mercato italiano presentandola al Motosalone della Fiera Campionaria di Milano dello stesso anno. Il prezzo di listino è molto allettante, limitato a 119.500 lire rispetto alle 139.500 lire che si devono spendere per la 125 Li 3ª serie, allineato alla altrettanto modesta Piaggio Vespa 90 che costa 119.000 lire. Tra i concorrenti ricordiamo il più economico Bianchi Orsetto che costa 112.500 lire ma ha cilindrata di 78 cc, il Gilera G 80 con motore a 4 tempi (122.500), l’Agrati Capri 98 che costa 113.000 lire. Occorre anche ricordare che i modelli con cilindrata inferiore a 125 cc non sono colpiti dalle tassazioni governative applicate alle vendite rateali.

La Lambretta Cento non sfugge alla prova di Motociclismo, pubblicata sul numero di ottobre 1964: il giudizio è lusinghiero, con “soddisfacenti prestazioni velocistiche e di accelerazione” associate a “estrema maneggevolezza, praticità d’uso e ridotti consumi... notevole il ‘tiro’ del motore”. Ma l’ottimistico giudizio del tester non trova particolare riscontro nell’apprezzamento del pubblico, che si aspetterebbe qualcosa di più soprattutto in tema di prestazioni. Oltretutto si evidenzia una preoccupante fragilità del telaio nella zona centrale, causa di frequenti interventi da parte dei Concessionari. L’Innocenti corre ai ripari alla fine del 1964: se da un lato viene finalmente lanciata la Lambretta 50 che prende il nome di Junior, alla poco fortunata Cento si affianca la versione di 125 cc, anch’essa battezzata Junior e messa in vendita a 125.000 lire. La scocca portante è quella della sorella di minore cilindrata rinforzata nella parte centrale; mentre la Cento era proposta nei soli colori avorio chiaro e giallo palierino, la J 125 è verniciata in eleganti grigio o azzurro metallizzati. Il cambio rimane a tre rapporti, la potenza cresce a 5,15 CV allo stesso regime di 5.300 giri. Come prestazioni si dichiarano 75 km/h di velocità massima in posizione eretta e 86 km/h in posizione abbassata. I dati - la prova è pubblicata su Motociclismo di gennaio 1965 - non sembrerebbero dare un così netto miglioramento nei confronti della Cento, ma la J 125 va meglio e soprattutto piace di più. Un dato su tutti: nell’anno 1965 vengono prodotte 3.558 Lambretta Cento contro 10.379 J 125. La Cento termina la poco gloriosa carriera nel novembre del 1965: dal mese di marzo del 1964 ne sono state prodotte complessivamente 17.642, ma diversi esemplari restano invenduti.

La J 125 è decisamente più apprezzata: anche per questo modello però, nonostante gli interventi di irrigidimento al telaio sopra ricordati, si manifestano imprevisti cedimenti. Il problema viene risolto radicalmente nel 1966 quando il telaio viene ridisegnato per la J 50 e quindi adottato anche dalla sorella di maggiore cilindrata: scompare la piastra in alluminio che sorreggeva a sbalzo la parte posteriore del sellone biposto, sostituita da una base incorporata alla scocca per tutta la lunghezza della sella. Contestualmente, si opera un restyling dello scudo che diviene più raccolto per offrire minore resistenza all’avanzamento; il cambio ha finalmente la quarta marcia e migliorano le prestazioni.

Sebbene molto più apprezzata della Cento, anche la J 125 resta lontana dal successo delle Lambretta Li e Special, ma con volumi di vendita rispettabili: la J 125 3 marce (settembre 1964-settembre 1966) è prodotta in 21.651 esemplari; la J 125 4 marce (maggio 1966-aprile 1969) in 16.052.

Le prove di Motociclismo

1/5

La prima pagina della prova di Motociclismo dedicata alla Cento

Motociclismo si è occupato - e non poteva essere diversamente visto l’importanza dell’Innocenti - delle Lambretta Cento e J 125. La prima trova spazio sul n. 10-1964, la seconda sul n. 1-1965. Come nostra abitudine andiamo a riprorre le parti più interessanti scritte allora. “Con la Lambretta Cento... l’Innocenti ha affrontato contemporaneamente due motivi tecnici (cilindrata 100 cc e telaio portante) allo scopo di realizzare una macchina leggera, maneggevole, ‘compatta’ - e quindi particolarmente indicata anche per il traffico cittadino - di prestazioni pressoché analoghe a quelle degli scooter di 125 ma con un prezzo ed un costo d’esercizio sensibilmente inferiori, ferma restando naturalmente la possibilità di trasportare il passeggero, particolarmente avvertita dagli utenti italiani. La Cento costituisce quindi un compromesso tra gli scooter di 50 cc e quelli di 125, due categorie dai quali i progettisti dell’Innocenti hanno cercato di rilevare le migliori caratteristiche di funzionalità e prestazioni per concentrarle nel loro nuovo modello che difatti ha subito incontrato piena rispondenza da parte della clientela italiana e straniera. La Cento si presenta praticamente con la stessa linea affusolata, piacevole e funzionale delle consorelle di maggior cilindrata, salvo le dimensioni più raccolte e alcune varianti di dettaglio. Ad esempio lo scudo, sempre del tipo a ‘sterno di uccello’ per favorire la penetrazione, ma in questo caso di dimensioni appena sufficienti per offrire una certa protezione alle gambe e alle ginocchia del guidatore sotto la pioggia... Le dimensioni longitudinali sono state notevolmente ridotte (oltre 10 cm in meno rispetto ad esempio alla Special 150) adottando il cilindro verticale anzichè orizzontale come sulle altre Lambretta, e questo ha determinato la creazione di un nuovo profilo sotto e dietro il sellone, complessivamente abbastanza riuscito malgrado la ‘rientranza’ sotto la coda del sellone stesso che ne interrompe la continuità. Le fiancate smontabili, caratterizzate da una leggera angolosità sul genere di certo styling automobilistico d’avanguardia, presentano pure una modanatura centrale di buon effetto, risultano ancor più ‘sfuggenti’ di quelle delle altre Lambretta, mentre la pedana presenza un rialzo centrale di maggior altezza offrendo così un comodo appoggio al piede destro durante la frenata. Piuttosto vistosa come al solito - ma funzionale - la pedivella d’avviamento... La verniciatura è giallo paglierino, colore indubbiamente giovanile; ottima la finitura... Di presa facile e coi bordi opportunamente sagomati le leve sul manubrio; limitata la rotazione della manopola del cambio e pertanto di facile manovra grazie anche al pronto innesto delle varie marce, segnalato da uno scatto di sicurezza; ad apertura piuttosto rapida la manopola del gas e facilmente raggiungibile la scatoletta coi vari comandi dell’impianto elettrico... Il guidatore risulta ottimamente sistemato nella classica posizione di guida naturale che consente di superare le più lunghe percorrenze su ogni genere di strade senza affaticare. Parte di questo merito va anche all’efficienza delle sospensioni. Il passeggero deve invece sistemarsi su una porzione di sella più stretta e corta di quella riservata al guidatore e per posare i piedi sulla pedana deve allungare notevolmente in avanti le gambe: inoltre lo spazio sulla pedana stessa risulta limitato per quattro piedi, specialmente sul lato destro... a nostro avviso sarebbe quindi opportuno prolungare un po’ la pedana stessa lungo le fiancate, come sulle altre Lambretta, anche per offrire un comodo punto di appoggio alle donne quando si mettono in sella di fianco... Dolce da azionare, progressiva nell’innesto, ottima nello stacco, queste le positive qualità della frizione. Anche il cambio funziona a meraviglia... i rapporti sono ravvicinati, con la prima piuttosto lunga, e questo favorisce la guida brillante... Il motore non gira molto (quindi minor usura e consumo) ma fornisce egualmente una buona potenza e soprattutto una coppia formidabile che si traduce in una notevole elasticità che da una parte consente di far minor uso del cambio e dall’altra offre un buono spunto in tutte le marce... Elastico al punto di poter marciare con innestata la terza a meno di 20 km/h senza avvertire strappi alla trasmissione o altre irregolarità... generoso ed insensibile anche sfruttandolo a fondo in salita... silenzioso di meccanica per non dire di aspirazione, sufficientemente regolare al minimo e nel passaggio, facilissimo da avviare... Frenata complessivamente buona, però si verifica il solito fenomeno dell’affondata della ruota anteriore, mentre quello posteriore blocca con una certa facilità... Come tutte le Lambretta, anche la Cento si guida bene su ogni genere di strada; la tenuta è sempre rassicurante, lo sterzo sensibile ma non leggero...”. Per quanto riguarda la successiva J 125 riportiamo alcune note distintive. “... i cavi del freno e del tachimetro troppo in vista sul lato destro della ruota anteriore, alcuni elementi meccanici (carter trasmissione, marmitta, ammortizzatore, volano magnete) troppo sporgenti da sotto la carrozzeria, la poco piacevole rientranza sotto la coda del sellone... Facilmente leggibile anche di notte il quadrante del tachimetro ed abbastanza efficienti l’impianto di illuminazione e segnalazione acustica che però, essendo alimentati in corrente alternata dal volano magnete, presentano una intensità proporzionale al regime di rotazione... facilissimo issare la macchina sul cavalletto; quest’ultimo però quando torna in posizione di riposo, richiamato da una molla un po’ troppo robusta, urta piuttosto violentemente sotto la pedana producendo un sonoro rimbombo... Qualche vibrazione, soprattutto alla sella, ed un rumore di scarico vigoroso sono gli unici appunti che a nostro parere si possono sollevare nei riguardi di questo motore per il resto pienamente soddisfacente”.

Caratteristiche tecniche

1/4

La Cento vista ai raggi X con la scocca portante e il motore “centrale”

(in parentesi le varianti per la J 125 3 marce)

Motore: monocilindrico a due tempi inclinato di 9° rispetto alla verticale con raffreddamento ad aria forzata, distribuzione a luci incrociate con pistone piatto, alesaggio per corsa 51x58 mm (57x48 mm), cilindrata totale 98,05 cc (122,48 cc), rapporto di compressione 7,5:1. Potenza max 4,7 CV (5,15) a 5.300 giri. Alimentazione: miscela benzina-olio al 2%; carburatore Dell’Orto SHB 18 con diffusore da 18 mm, getto del massimo 69 (72), getto del minimo 38, getto starter 50; capacità serbatoio litri 6,2 compresa la riserva di 0,8 litri. Accensione: a volano magnete alternatore 6V-27W. Bobina A.T. esterna, distanza tra i contatti 0,35-0,45 mm. Anticipo fisso. Candela a filetto lungo di grado termico 225 della scala Bosch. Lubrificazione: gruppo termico con miscela benzina-olio al 2% (al 4% per i primi 1.500 km di rodaggio); cambio, trasmissione e frizione con olio SAE 90, capacità carter 0,6 litri. Trasmissioni: primaria a catena simplex in bagno d’olio, rapporto 3,214 (pignone motore 14 denti, corona frizione 45 denti). Secondaria a ruota posteriore calettata sull’albero di uscita del cambio. Frizione: a dischi multipli in bagno d’olio con comando a cavo. Cambio: a tre marce con comando a manopola girevole abbinato alla leva della frizione sull’estremità sinistra del manubrio. Rapporti interni: 4,800 (4,36) in prima, 2,867 (2,63) in seconda e 1,857 (1,76) in terza. Rapporti totali: 15,432 (14,82) in prima, 9,216 (9,00) in seconda e 5,970 (5,770) in terza. Telaio: a scocca portante in lamiera stampata. Sospensioni: anteriore a bielle oscillanti e ruota tirata; posteriore gruppo motore oscillante con mollone elicoidale e ammortizzatore idraulico.

Freni: a tamburo a camma singola con comando flessibile a mano sulla ruota anteriore e a pedale sulla posteriore. Dimensioni utili 150x22 mm ant e post. Ruote: intercambiabili, con cerchio scomponibile in lamiera stampata da 10”. Pneumatici, anteriore e posteriore scolpito 3,50-10. Pressioni di gonfiaggio 1,3 atm ant e 2,0 post (1,4 e 2,5 con il passeggero). Impianto elettrico: alimentato da volano magnete alternatore calettato alla sinistra dell’albero motore. Lampada biluce 6V-25/25W e lampada città 6V-5W a siluro nel fanale anteriore; lampada biluce 6V-3/15W nel fanale posteriore. Dimensioni (in mm) e peso: lunghezza 1.690, larghezza al manubrio 630, altezza 1.030, altezza sella 770, altezza minima da terra 165, interasse 1.190. Peso a vuoto 80 (90) kg. Prestazioni: velocità max 76 km/h (75 km/h in posizione rialzata e 86 km/h in posizione abbassata). Consumo (Norme CUNA): 1,87 litri (2 litri) /100 km.

© RIPRODUZIONE RISERVATA