Norton Commando 750 Fastback

La Commando è l’ultima maxi inglese in grado di tenere testa alle arrembanti concorrenti, giapponesi su tutte, a cavallo degli anni Sessanta/Settanta. Innovativa rispetto alla produzione inglese dell’epoca grazie al telaio doppia culla con sistema Isolastic antivibrazioni. La prima versione è stata battezzata Fastback (posteriore veloce) per l’originale design della coda

1967: dal 1 gennaio il boss della Norton Dennis Poore affida la Direzione tecnica della Casa al 47enne Stefan Bauer, brillante ingegnere che proviene dalla Rolls Royce. Il momento è delicato: se in casa Norton si respira aria migliore dopo il paventato fallimento della metà degli anni Sessanta, la situazione di cassa non è per niente florida e serve una svolta tecnica decisa. Modelli datati come la pur valida Atlas 750 del 1962 non possono reggere l’urto commerciale di una concorrenza sempre più agguerrita. Dall’estremo oriente giungono le voci di collaudi definitivi di una maxi destinata a fare sensazione (e che stravolgerà il panorama motociclistico di lì a due anni: la Honda CB750 Four); anche nel resto dell’Europa - Germania e Italia su tutte - si lavora per il lancio di nuovi modelli. L’industria inglese è finanziariamente alle corde, cosa che forzatamente limita qualsiasi tentativo di radicale rinnovamento tecnico. A cui si aggiunge l’obsolescenza degli impianti industriali, che necessiterebbero di onerosi investimenti per modernizzare e ottimizzare la produzione. La Norton, tra le Case inglesi, è quella messa meglio (o meno peggio): le vendite non ristagnano in modo allarmante e, oltre al riconosciuto prestigio del Marchio, può contare su una rete di concessionari e rivenditori ben distribuita sul territorio che garantisce una rete di vendita e assistenza capillare. Anche oltremare, soprattutto sul ricco mercato degli Stati Uniti, da sempre serbatoio commerciale fiorente per le industrie motociclistiche inglesi. Il compito di Bauer appare improbo: gli si chiede, nel minor tempo possibile, un modello completamente nuovo che possa portare l’ossigeno necessario al futuro della Casa. L’abilità di Bauer è quella di scegliere i collaboratori più adatti allo scopo: egli infatti non ha esperienza motociclistica diretta - il suo background è la fisica nucleare - e chiama all’opera il tecnico Bernard Hooper e lo stilista Bob Trigg.

Settembre 1967: arriva la Norton Commando 750

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Una Commando prima serie - telaio nero e stemma singolo sul serbatoio - con la colorazione silver della preserie

Il miracolo si compie: all’Earl’s Court Show del settembre 1967 viene presentata al pubblico la nuova Norton Commando 750. L’estetica lascia immediatamente il segno grazie al codino sfuggente in vetroresina, stile Bultaco Pursang, che slancia il design della moto. Così come i lati della sella che si prolungano sul serbatoio in forma di ginocchiere. La curiosità è ovviamente rivolta a quanto c’è sotto il nuovo vestito. E le novità non mancano. Se il motore sostanzialmente è quello dell’Atlas leggermente inclinato in avanti, maggiormente compresso con l’adozione di nuovi pistoni e rivisto nell’aspirazione, il telaio è tutto nuovo. Si abbandona il glorioso Featherbed (letto di piume) con l’adozione di un doppia culla chiusa con grosso trave tubolare superiore. Ma la vera novità è il sistema Isolastic che consiste nell’ancoraggio tramite silent-bloc di motore, cambio, scarichi, forcellone e ruota posteriore. Un’idea originale che non toglie il problema delle vibrazioni ma semplicemente non le fa arrivare al pilota, a tutto vantaggio del comfort di marcia. Gli occhi più critici obiettano che con questo sistema il telaio perde in rigidità per il gioco assiale che inevitabilmente l’uso può provocare: in effetti questo sistema richiede un’attenta manutenzione e la corretta regolazione degli eventuali giochi ma, se tutto è fatto come la Casa consiglia, la Commando fila dritta come su un binario e dà la paga sul misto a tutte le inglesi del tempo. Grazie anche all’esuberanza del bicilindrico che si dimostra pieno e potente con i suoi 56 CV a 6.500 giri. La moto è equipaggiata con due carburatori Amal Concentric da 30 mm; la trasmissione primaria è a catena triplex e il cambio separato è il conosciuto AMC a quattro rapporti. L’impianto elettrico Lucas a 12V prevede un alternatore controllato da diodo zener ed è affiancato da un condensatore che permette la marcia senza batteria in caso d’emergenza. I freni sono a tamburo, l’anteriore a doppia camma ventilato. La ciclistica è completata dalla nota forcella Roadholder e ammortizzatori posteriori Girling regolabili. La commercializzazione della Commando inizia di fatto nell’aprile del 1968: vengono apportate piccole modifiche alla preserie ammirata nella lucente colorazione silver con sella arancione. In particolare, la frizione multidisco in bagno d’olio passa da sei a quattro dischi grazie all’adozione della molla a diaframma in luogo delle molle elicoidali; sui lati del serbatoio c’è ora solo uno stemma circolare che riporta la scritta Norton Villiers in piccolo sopra al classico logo Norton; piccole modifiche riguardano anche la fase e viene migliorato l’accesso alla pistola stroboscopica per le regolazioni del caso. La colorazione del telaio, grigio alluminio nella preserie, diventa nera. La Casa di Wolverhampton offre alla clientela più sportiva tre kit di potenziamento del noto specialista Paul Dunstall in grado di incrementare la potenza rispettivamente del 10, 16 e 20%. La Commando fa sensazione e la risposta del mercato le è favorevole, con grande sollievo di tecnici e dirigenti. L’autorevole rivista Motor Cycle News le attribuisce l’ambito riconoscimento di “Moto dell’anno” per il 1968: premio

che la Commando si aggiudicherà anche nei successivi quattro anni.

Promossa anche da Motociclismo

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Anche il nostro Motociclismo non lesina elogi alla nuova inglese, come si legge nella prova di Roberto Patrignani sul n. 10-1968: “Molto ci è piaciuto il motore. Saranno due anni che non avevamo a che fare con una Atlas e sinceramente i progressi fatti sono notevoli: una elasticità non comune, una prontezza e una spinta di piena soddisfazione sino al regime di 7.000 giri che si raggiunge in un baleno in tutte le marce”. E riguardo al sistema Isolastic: “Su strada, benché non si abbia precisamente la sensazione di volare aggrappati ad una piuma, vibrazioni nel senso comune del termine non ce ne sono; a regimi intermedi di passaggio, si avverte un ‘massaggio’ leggero per nulla fastidioso”. Questa Commando è di fatto la capostipite di una famiglia che si arricchisce di modelli negli anni successivi. Nel marzo del 1969 viene presentata la Commando S, variante con scarichi appaiati e rialzati con terminale a cono rovesciato ed estetica più convenzionale: da questo momento l’originale e primigenio modello con codino in vetroresina viene ufficialmente denominato Fastback. La potenza del bicilindrico sale a 60 CV dai precedenti 56; l’accensione si sposta sul carter destro con conseguente posizionamento del rinvio del contagiri sul cilindro destro. Il telaio viene irrobustito con l’adozione di un tubo che unisce la testa del cannotto di sterzo alla metà del trave superiore. Il discreto successo di vendite paradossalmente mette a nudo i difetti della Commando, le cui visite nelle officine dei concessionari e riparatori diventano purtroppo frequenti. Sostanzialmente, gli organi meccanici - per quanto evoluti nel tempo - sembrano oltre il limite di sopportazione della potenza in gioco, raddoppiata rispetto al progetto originario che risale addirittura al 500 cc della Model 7 del 1948. A cui si aggiungono le poderose vibrazioni che, se non arrivano al guidatore grazie al sistema Isolastic, si ripercuotono pesantemente sulle componenti vitali del bicilindrico. Che soffre problemi al banco ed ai cuscinetti in particolare, ma anche accensione ed impianto elettrico sono causa di frequenti panne.

L’evoluzione continua, seppure a piccoli passi: la Fastback diventa Mk II nel settembre del 1970, contemporaneamente al modello Roadster che sostituisce la S: il particolare più appariscente sono i terminali di scarico rialzati con terminale a cono rovesciato, già introdotti sulla S dell’anno precedente. Si rende disponibile a richiesta il motore Combat, versione “pepata” dall’aumento di compressione e potenza e che offre performance entusiasmanti: che si pagano però con una fragilità meccanica imbarazzante e che contribuirà di lì a poco a mettere definitivamente in crisi finanziaria la Norton. Nel gennaio del 1971 è la volta della Fastback Mk III con i nuovi comandi elettrici Lucas al manubrio, la forcella telescopica senza soffietti; si affianca la versione LR (Long Range) con serbatoio di maggiore capacità. Alla disperata ricerca di maggiore affidabilità la gamma Commando del 1972, con la Fastback giunta alla versione Mk IV, adotta carter rinforzati e cuscinetto a rulli sulla primaria. C’è la novità del freno a disco anteriore ottenibile a richiesta. Ma, poco avvedutamente, questo è associato alla motorizzazione Combat che tanti grattacapi procura agli sconsolati clienti. Le richieste di interventi in garanzia sono numerosissime e vanno ad aggravare la già critica situazione debitoria della Casa. Per la Fastback, come per gli altri modelli, è il capolinea: esce di scena nel 1973 per lasciare posto al nuovo corso della serie 850

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Caratteristiche tecniche

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Il bicilindrico Norton nella sua classica configurazione ad aste e bilancieri e due valvole per cilindro

Motore: bicilindrico parallelo frontemarcia inclinato di 20°. Cilindri in ghisa e teste in lega leggera. Alesaggio per corsa 73x89 mm, cilindrata totale 745 cc. Rapporto di compressione 8,9:1. Distribuzione ad aste e bilancieri con asse a camme nella parte anteriore del basamento, manovelle a 360°. Diagramma di distribuzione: aspirazione apre 50° prima del PMS e chiude 74° dopo del PMI, scarico apre 82° prima del PMI e chiude 42° dopo il PMS . Avviamento: a pedivella. Accensione: a spinterogeno 12V con ruttore a due coppie di contatti comandato da catena sulla destra del motore e bobina singola per ogni candela. Anticipo massimo (automatico) 28°. Apertura tra i contatti 0,35÷0,40. Candele Champion N6Y (NGK BP7ES), distanza tra gli elettrodi 0,6÷0,7 mm. Dispositivo per funzionamento senza batteria (solo alternatore). Alimentazione: due carburatori Amal Concentric a vaschetta centrale, getto massimo 220, getto min 106, valvola gas n. 3, spillo conico alla tacca intermedia. Capacità serbatoio 14,7 litri. Frizione: multidisco in bagno d’olio, nel carter della trasmissione primaria. Trasmissione: primaria a catena triplex 3/8”; secondaria a catena semplice 5/8”x3/8”. Cambio: a quattro rapporti. Rapporti totali: 12,4 in prima 8,25 in seconda, 5,9 in terza 4,84 in quarta. Telaio: a doppia culla chiusa in tubi di acciaio. Sospensioni: anteriore forcella telescopica con ammortizzatori idraulici a doppio effetto incorporati. Quantità olio per stelo 150 cc SAE 20, cambio ogni 8.000 km. Posteriore, forcellone oscillante con ammortizzatori teleidraulici regolabili su tre posizioni nel precarico molla. Ruote: cerchi a raggi in acciaio. Pneumatici anteriore 3.00- 19 rigato, posteriore 3.50-19 scolpito. Freni: a tamburo centrale in lega leggera, anteriore a doppia camma. Impianto elettrico: a 12V alimentato da alternatore Lucas sulla sinistra dell’albero motore. Batteria 12V-8Ah. Faro anteriore con lampada 50/40W e lampada posizione 6W. Dimensioni (in mm) e peso: lunghezza massima 2.210, larghezza massima 650, interasse 1.440, altezza sella 790, altezza minima da terra 150. Peso a secco 188,5 kg. Prestazioni dichiarate: velocità massima con rapporti standard (pignone 19 denti) 181 km/h (200 km/h con pignone da 21 denti). Potenza 56 CV a 6.500 giri (60 CV a 6.800 giri dal 1969, 65 CV a 6.500 giri motore Combat)

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