Suzuki XN 85 Turbo: tu mi turbi

Nel 1981 la Suzuki si adegua alla moda della sovralimentazione presentando l’XN 85 Turbo. La 4 cilindri della Casa di Hamamatsu è una sportiva che riprende alcune soluzioni ciclistiche, come la ruota anteriore da 16” e l’antidive, affermate nel mondo dei GP. In listino per soli due anni, è stata prodotta in poco più di un migliaio di unità

Il Salone di Milano del novembre 1981 fa registrare la più alta concentrazione di nuovi modelli Turbo presentati contemporaneamente al pubblico nella storia del motociclismo. È passato poco più di un anno dal Salone di Colonia - dove la Honda ha lanciato la sua CX500 Turbo, applicando alle due ruote il “fenomeno” tecnico del momento nella F1 automobilistica - e le altre Case giapponesi sono finalmente pronte a scendere in campo nell’arena dei motori con turbocompressore. Alla rassegna milanese Yamaha e Suzuki presentano le loro moto sovralimentate, chiamate rispettivamente XJ 650 T e GS 650 Turbo, derivate da altrettanti modelli “aspirati” già in listino da tempo. La Yamaha aveva già fatto un mezzo tentativo alcuni mesi prima a Tokyo, mostrando alla stampa il prototipo di una XS 1100 dotata di turbo. Poi però è tornata a più miti propositi scendendo di cilindrata fino ai 650 cc dell’XJ Turbo, che si distingue per le sue linee spigolose e futuristiche, ma che lascia perplessi circa le prestazioni effettive. Anche la Suzuki aveva iniziato i primi esperimenti con il turbo utilizzando un modello di cilindrata maggiore rispetto alla definitiva: la GS 750. Poi decide di passare alla più piccola GS 650, la cui versione Turbo, secondo indiscrezioni, dovrebbe avere la trasmissione finale ad albero cardanico come la rivale Honda CX500 e come il modello “aspirato” da cui deriva. Ma alla fine i tecnici della Casa di Hamamatsu scelgono di passare alla più tradizionale catena, spaventati dalle conseguenze che potrebbe avere la risposta un po’ brusca del turbo sulla tenuta del cardano. E poi una trasmissione di questo genere non riflette l’immagine sportiva della moto, che riprende alcune soluzioni ciclistiche - come la ruota anteriore da 16”, la sospensione posteriore monoammortizzatore tipo Full Floater e il sistema antidive alla forcella - direttamente dalla RG 4 cilindri GP che in quegli anni domina il Mondiale 500.

Da GS 650 Turbo a XN 85

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La prima versione presentata al Salone di Milano nel novembre del 1981. Rispetto a quella definitiva cambia la forma del cupolino, più appuntita e con il plexiglas più basso. Diverse anche le grafiche che decorano la moto e il nome. 

Nonostante l’aspetto curato e quasi definitivo della moto esposta a Milano, l’arrivo della GS 650 Turbo presso i concessionari è previsto però solo all’inizio del 1983. Però, già nella primavera del 1982 la stampa internazionale viene invitata in Giappone per la presentazione della GS 650 Turbo presso il circuito-prova di Ryuyo, dove la Suzuki solitamente testa i suoi modelli stradali. La moto, identica a quella vista a Milano, ha cambiato nome e ora si chiama sinteticamente XN 85. La scelta è curiosa perché le due cifre stanno ad indicare la potenza massima della moto, 85 CV, cioè 20 in più rispetto a quanto dichiarato per la versione “aspirata” della GS. Ed è strano che una Casa giapponese scelga di mettere in evidenza nella sigla di un suo modello la potenza piuttosto che la cilindrata del motore. A maggior ragione se si pensa che gli 85 CV della XN, valore riferito all’albero, non sono certo un valore stratosferico per una 4 cilindri turbo di 650 cc (la seconda versione della Honda, la CX650T del 1982, ne ha ad esempio 100...). Nonostante disponga di una “cavalleria” quasi di “ordinaria amministrazione”, l’impostazione di questa Suzuki è sportiva. Quando era iniziata a circolare la voce che anche la Casa di Hamamatsu stava lavorando ad un modello sovralimentato, in molti avevano pronosticato per la nuova moto un’estetica molto simile a quella della innovativa serie Katana, opera del designer tedesco Hans Muth. Invece l’XN 85 ha una personalità tutta sua, dominata dalla semicarenatura che ingloba il grosso faro quadrato, nascondendo il radiatore dell’olio e - parzialmente - la testa del motore. Due fianchetti dotati di feritoie nella zona anteriore raccordano la semicarena alla parte inferiore del serbatoio e poi proseguono verso il gruppo sella-codino, piuttosto massiccio e simile a quello di altri modelli Suzuki di quegli anni. Se proprio si vuol trovare un elemento di contatto con la Katana, l’XN 85 sembra riprenderne in maniera meno accentuata l’andamento ad “onda” dell’insieme serbatoio-sella-fianchetti e l’impostazione della strumentazione. Il cupolino invece perde tutte le spigolosità della moto disegnata da Muth. Il 4 cilindri è quindi in bella vista, compresi tutti gli elementi del turbocompressore. Riuniti, anzi “compattati”, dietro il blocco cilindri e immediatamente sotto l’impianto d’iniezione, dando l’impressione di aver sfruttato nel modo migliore ogni cm a disposizione. Il lavoro è riuscito così bene che, ad un primo esame sommario, ci si accorge che l’XN 85 ha il turbo solo perché lo porta scritto sul cupolino. Peccato però per la veste monocromatica grigio piombo appesantisca oltremisura la moto, perché un modello di così dichiarata impostazione sportiva avrebbe meritato una colorazione e una grafica più aggressive. Le finiture e la cura di ogni particolare della moto sono invece a livelli di eccellenza.

Iniezione elettronica Mikuni

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L’iniezione elettronica della XN è costruita dalla Mikuni su specifiche Suzuki. L’ispirazione è il sistema Jet-Tronic messo a punto dalla Bosch all’inizio degli anni Ottanta

Come abbiamo già anticipato, il motore deriva dal 4 cilindri GS 650, ma per far fronte alle maggiori sollecitazioni dovute al turbo i tecnici sono intervenuti praticamente su ogni suo componente. A parte le immutate misure di alesaggio per corsa (62x55,8 mm), il resto è realizzato ex-novo: testata, pistoni, bielle, albero motore e trasmissione finale vengono irrobustiti o ridimensionati. A titolo di esempio: il piede di biella ha una forma trapezoidale per aumentare la superficie d’appoggio dello spinotto e al contempo per diminuire la pressione dei pistoni sulle bielle. L’albero motore viene sottoposto invece ad indurimento superficiale con un trattamento di nitrurazione tipo Tufftride, mentre il diametro delle manovelle aumenta di 2 mm, passando da 34 a 36. Dato che il motore è raffreddato ad aria e il turbo genera molto calore, viene riservata una cura particolare alla lubrificazione del 4 cilindri. Come abbiamo già accennato, l’impianto viene munito di un radiatore dell’olio, la pompa viene maggiorata, mentre quattro getti supplementari fanno affluire sotto il cielo dei pistoni una quantità aggiuntiva di lubrificante nebulizzato, utilizzando un sistema molto comune sui motori Diesel. A differenza della GS che monta una batteria di carburatori, l’XN 85 Turbo adotta l’iniezione elettronica, costruita dalla Mikuni seguendo le specifiche dettate dalla Suzuki. In pratica il sistema riprende il concetto del Jet Tronic della Bosch già utilizzato in quegli anni dalla Kawasaki sulla sua GPz 1100 i.e. in una versione realizzata su licenza in Giappone dall’Hitachi. Il sistema, regolato da una centralina collocata nel codino, funziona tenendo conto del numero dei giri del motore, della pressione e della temperatura dell’aria immessa. Ogni iniettore esegue 83 “spruzzate” al secondo (una ogni 12 millesimi). Il turbocompressore invece è realizzato dalla IHI ed è identico a quello montato dalla Honda sulla sua CX500 T. Sulla Suzuki però la girante lavora prudenzialmente a un regime di rotazione inferiore (160.000 giri anziché 180.000) e la pressione massima della valvola Wastegate viene fissata a 0,7 bar anziché a 1,2, quasi che i tecnici di Hamamatsu temessero disastrose rotture meccaniche utilizzando gli stessi valori del bicilindrico Honda. Quest’ultimo però può vantare il raffreddamento a liquido e i cilindri fusi in semiblocco con il basamento, quindi di una temperatura di lavoro e relative dilatazioni del blocco cilindri meno elevate. Inoltre, per prevenire malfunzionamenti o rotture, sulla XN 85 è montato un sensore di pressione nel condotto di aspirazione che, in presenza di un eccesso di sovralimentazione, taglia la corrente alle candele. E se questo non dovesse bastare, è presente anche un limitatore che interviene nel caso venissero oltrepassati i 10.500 giri. Il sensore di pressione viene utilizzato dalla centralina anche per regolare l’anticipo dell’accensione attraverso il carico del motore, unitamente ad un secondo sensore collocato sull’albero che ne rileva il regime di rotazione. Tutto sommato quindi la Suzuki svolge a dovere il tema del motore sovralimentato, senza eccedere nelle soluzioni tecniche troppo originali e allineandosi a quanto viene offerto dalle altre giapponesi sui rispettivi modelli. Dove invece la Casa di Hamamatsu mostra una certa originalità è nella realizzazione della ciclistica. Il telaio è un doppia culla in tubi d’acciaio con il cannotto di sterzo inclinato di 29° (non è il più chiuso fra le turbo, dato che quello della Kawasaki è inclinato di 28°), ma può vantare tre soluzioni mutuate direttamente dalle moto da competizione, riunite per la prima volta su un unico modello: la ruota anteriore da 16” (abbinata alla posteriore da 17”), la forcella con sistema antiaffondamento e la sospensione posteriore monoammortizzatore regolabile con schema Suzuki-Full Floater.

In vendita nel 1983

Un anno dopo la presentazione alla stampa la moto viene finalmente messa in vendita in Italia. Costa ben 9.220.000 lire e non suscita negli appassionati il benché minimo entusiasmo. Nonostante i proclami e le buone intenzioni dei tecnici, l’XN 85 non ha prestazioni stratosferiche e si segnala soltanto perché il suo 4 cilindri non risponde bruscamente all’apertura del comando del gas come tutti i motori sovralimentati. La guida tutto sommato è soddisfacente, specie nel veloce. Alle basse andature invece è affaticante e la maneggevolezza poco entusiasmante. La tanto decantata ruota da 16” favorisce gli inserimenti in curva molto rapidi ma genera, nei cambi di direzione, una certa inerzia del retrotreno a seguire l’avantreno. A peggiorare le cose, giusto in concomitanza con il suo arrivo sul mercato, la Kawasaki presenta a Salisburgo la GPz 750 Turbo. E il primato della moto più sportiva della categoria, su cui la Suzuki aveva impostato l’immagine del suo modello passa alla rivale... Motociclismo ne fa oggetto di una prova completa, sul numero di marzo 1984, quando il destino commerciale della moto è già segnato. La moda delle turbo sta già scemando, il prezzo della XN 85 è lievitato a 9.820.000 lire ed entro la fine dell’anno supererà i dieci milioni (10.340.000 lire per l’esattezza), mentre le prestazioni offerte dalla 4 cilindri sono buone (velocità max 206 km/h, 400 metri con partenza da fermo in 12 secondi e 4 decimi) ma alla portata di qualsiasi altra 750 “aspirata”. Alla fine del 1984 la produzione viene sospesa senza rimpianti. Prima di uscire di scena però la Suzuki XN 85 un primato riesce comunque a stabilirlo: con i suoi 1.153 esemplari è, fra le moto col turbo, quella ad essere costruita nel minor numero!

Una turbo per amica

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Il tester Marco Riccardi sulla pista di Ryuyo in Giappone

Marco Riccardi, Direttore della rivista Motociclismo, è il giornalista italiano invitato in Giappone nel 1984 per provare l’XN 85 Turbo sul circuito di Ryuyo. Ecco come ricorda la sua esperienza alla guida della 4 cilindri sovralimentata della Casa di Hamamatsu.

“Più che essere rabbiosamente turbo era educatamente sportiva. Telaio e sospensioni potevano gestire ben altra potenza e cattiveria. Forse per questo l’XN 85 non ha avuto il successo sperato. La prima volta a Ryuyo, la prima su una turbo, la prima in Giappone. Un concentrato di novità che mi ha scaraventato su una delle moto più attese della stagione e in un mare d’informazioni e di emozioni. Il circuito era la pista di prova di tutte le nuove Suzuki e comprendeva anche percorsi interni per testare Enduro e Cross. Un tracciato veloce e molto tecnico, giudicato anche pericoloso per un curvone che arrivava da un rettilineo di due km e terminava con una brusca svolta destra. Ma quello che faceva alleggerire la manetta non era la decisiva frenata, bensì lo spazio di fuga: un terrapieno in discesa che sembrava una scarpata... Così dopo vari giri per decidere dove meglio passare e per ricordarsi di evitare un blocchetto di asfalto di 1 cm in piena traiettoria di curva (‘serve per giudicare la bontà delle sospensioni e la rigidità del telaio’ assicuravano i giapponesi), si poteva spingere per valutare tutta la potenza della XN 85. La quattro cilindri era certamente sportiva nell’assetto e nel comportamento delle sospensioni, ma quando si spingeva nell’ultima curva di ritorno prima del rettilineo, addirittura toccava con i collettori di scarico sull’asfalto. Prese le misure anche di questo, ci si poteva concentrare sul motore che, ovviamente vista la natura turbo, dava il meglio oltre i 5.500 giri con una progressione rapida, ma non brusca, mai difficile da gestire anche in uscita di curva. Tanta coppia più che cavalli. Insomma, non un turbo di quelli impossibili, come ci si sarebbe potuto aspettare visto il carattere sportivo del resto della moto. Forse, per questo non ha avuto il successo sperato. Perché non introduceva una vera rivoluzione, ma solo un passo avanti, seppure ben fatto e tecnologico. Insomma, una buona moto da usare sulle strade veloci, sulle curve da raccordare in rapida successione. Scrivevamo che ‘sembrava di guidare una moto italiana, una Bimota’ per la grande precisione della ruota anteriore (per la prima volta la Suzuki introduceva su di una moto stradale la 16 pollici) e per la mancanza di oscillazioni del retrotreno. Freni a posto con tanto di anti-dive che funzionava davvero. A patto però, e quello lo era, che l’asfalto fosse un biliardo. La mia è stata una visita lampo: un giorno di visita alla fabbrica - dove c’erano già i robot che saldavano il telaio, ma il colpo di grazia per raddrizzare la struttura lo dava un omino infilando un gran tubo nel cannotto di sterzo - e un giorno di prove, dove nessun motore ha rotto e in pochissimi hanno assaggiato l’asfalto. Di quel test della Suzuki Turbo conservo ancora tre ricordi: Mitsuo Itoh, capo collaudatore Suzuki ed ex pilota del Mondiale negli anni Sessanta che mi mostra il pistone, delle dimensioni di un ditale, del tre cilindri 50, il cinquantino più frazionato del mondo. La dichiarazione di Etsuo Yokouchi ‘il tre cilindri di 900 cc è il motore migliore al mondo’ e se lo diceva il padre dei motori GSX-R c’era da credergli. E una standing ovation di tutto lo staff Suzuki per il loro vicepresidente che visibilmente ‘su di giri’ cantava una nenia tradizionale alla cena di gala, battendo il tempo con le mani. Se allora ci fosse stato youtube, avremmo avuto migliaia di contatti. Imperdibile!”

Caratteristiche tecniche

Motore: 4 cilindri in linea frontemarcia, 4 tempi, raffreddamento ad aria. Teste e cilindri in lega leggera con canne riportate in ghisa. Alesaggio per corsa 62x55,8 mm. Cilindrata 674 cc. Rapporto di compressione 7,5:1. Distribuzione bialbero a camme in testa comandata da catena con due valvole per cilindro. Lubrificazione: forzata a carter umido con pompa trocoidale di mandata e recupero. Capacità impianto 3,8 litri. Filtro a cartuccia di carta. Alimentazione: ad iniezione indiretta controllata elettronicamente e turbocompressore IHI con valvola Wastegate e pressione massima di sovralimentazione di 0,7 bar. Capacità serbatoio carburante 19 litri. Accensione: elettronica. Anticipo: 5° a 1.750 giri; 26° a 3.800 giri. Generatore da 280W. Candele NGK D9EA oppure ND X27 ES-U. Impianto elettrico: alternatore trifase 12V-240W, batteria 12V-14Ah. Avviamento: elettrico. Frizione: multidisco in bagno d’olio. Trasmissione: primaria ad ingranaggi a denti elicoidali, rapporto 1,956 (90/46). Finale a catena, rapporto 2,3 (corona 38, pignone 16). Rapporti totali di trasmissione 14,856 in prima, 10,271 in seconda, 7,908 in terza, 6,484 in quarta, 5,512 in quinta. Cambio: a 5 velocità con ingranaggi sempre in presa. Valori rapporti interni: 3,166:1 (38/12) in prima, 2,187:1 (35/16) in seconda, 1,684:1 (32/19) in terza, 1,380:1 (29/21) in quarta, 1,173:1 (27/23) in quinta. Telaio: a doppia culla chiusa in tubi d’acciaio. Inclinazione cannotto di sterzo 29°. Avancorsa 104 mm. Sospensioni: anteriore forcella teleidraulica con sistema anti-dive regolabile, escursione 150 mm; posteriore forcellone oscillante in lega leggera con monoammortizzatore idraulico regolabile. Escursione ammortizzatore 84 mm. Escursione ruota 105 mm. Freni: anteriore a doppio disco forato da 267 mm con pinze a singolo pistoncino; posteriore a disco forato da 267 mm con pinza a singolo pistoncino. Ruote: cerchi in lega leggera a tre razze cave. Anteriore 2.15-16”, posteriore 2,50-17”. Pneumatici: anteriore 100/90- 16; posteriore 120/90-17. Dimensioni (in mm) e peso: lunghezza massima 2.240, interasse 1.485, larghezza massima 730, altezza max 1.180, altezza sella 780, luce a terra 165. Peso a secco 230 kg. Prestazioni: Potenza max 87 CV a 8.500 giri. Coppia max 7,54 kgm a 6.500 giri.

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