Barry Sheene: il pilota che cambiò il mondo delle corse

Esattamente 20 anni fa, il 10 marzo 2003, è scomparso per un male incurabile Barry Sheene. Due volte campione del mondo della classe 500, vantava il poco invidiabile record di pilota più fratturato nella storia del motociclismo. Aveva 52 anni

Con il suo sorriso e con il suo essere personaggio, Barry Sheene ha contribuito a cambiare il mondo delle corse. E’ stato il primo a vivere a colori il mondo dei GP, portando i capelli lunghi e le tute di pelle colorate, quando tutti correvano rigorosamente in nero. Il primo a rinunciare al numero uno da Campione del mondo pur di non rinunciare al suo 7 portafortuna. E’ stato anche uno dei primi ad usare il casco integrale e a scagliarsi contro la follia del TT, fregandosene se le sue accuse alla corsa più difficile e pericolosa al mondo suonassero ai suoi connazionali inglesi come una bestemmia. Era un tipo senza peli sulla lingua, convinto delle sue idee anche quando queste si scontravano con gli interessi dei potenti. Idee come le World Series, una sorta di mondiale parallelo a quello della FIM che lui, Kenny Roberts, Virginio Ferrari e un manipolo di coraggiosi elaborarono nell’inverno del 1979 per far capire a chi governava la stanza dei bottoni che i piloti non volevano essere trattati come marionette di un teatrino da paese.

E’ stato un uomo dall’immenso coraggio e lo ha dimostrato fino all’ultimo, sforzandosi di apparire normale a chi chiedeva sue notizie anche quando il male lo stava ormai consumando. Lo stesso coraggio con cui risorgeva dalle cadute, anche le più terrificanti. Quelle capaci di far togliere la voglia di rischiare perfino ai più audaci. Barry era nato a Londra l’11 luglio del 1950 in una famiglia in cui si è sempre respirata aria di motori. Suo padre Frank correva, così come suo zio. E sua sorella, maggiore di 5 anni, filava con un ragazzo, pilota pure lui che di nome faceva Paul Smart.

Esordio nel 1968 a Brands Hatch

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Non sono ancora arrivati il numero 7 sulla carena e le tute colorate, ma il casco integrale con Paperino è inconfondibile. Siamo a Spa Francorchamps nel 1971 e Barry Sheene è lanciato verso la sua prima vittoria iridata con una Suzuki 125. 

Il suo battesimo in pista è del 1968 e ha come teatro Brands Hatch. Con una Bultaco 125 finisce lungo disteso mentre sta rimontando il gruppo dopo una pessima partenza. Tornato ai box e incurante dei consigli di papà che vuole tornarsene a casa, salta su un’altra Bultaco, questa volta 250 e conclude la gara di questa categoria al terzo posto.Il salto di qualità arriva nel 1970: per 2000 sterline compra una Suzuki 125 bicilindrica da Stuart Graham con cui vince il titolo nazionale e debutta nel Circus iridato. La moto non è proprio freschissima perché ha sul groppone 5 stagioni ed è passata anche fra le mani pesanti del tedesco Dieter Braun. Comunque al Montjuich è secondo dietro Nieto, guadagnandosi i galloni per la stagione successiva dove mette in mostra tutto il suo repertorio: è primo in Belgio, Svezia e Finlandia, secondo in Olanda e Germania Est, terzo in Austria, Cecoslovacchia Italia e Spagna. Perde però il titolo per una manciata di punti dopo essersi presentato malconcio al GP decisivo in Spagna per i postumi di una tremenda caduta rimediata durante la “Race of the Year” di Brands Hatch mentre cercava di tenere il ritmo indiavolato di Agostini e Cooper.Quell’anno corre anche una tantum nella 50 con la Kreidler e a dispetto del suo fisico poco adatto alle “zanzare” riesce anche a vincere il GP di Cecoslovacchia.Seguono poi un paio di stagioni difficili alle prese con delle Yamaha poco competitive: Riesce comunque ad aggiudicarsi nel 1973 il neonato Trofeo F.I.M. 750 con una Seeley-Suzuki 500, precedendo due vecchie volpi come Dodds e Findlay.

Pilota ufficiale Suzuki nel 1975

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Daytona International Speedway, marzo 1975. Barry Sheene posa con il compagno di squadra Dave Aldana sul rettilineo del traguardo, prima dell’inizio delle prove della 200 Miglia

Due anni dopo è ufficiale Suzuki a tutti gli effetti e si concentra su 500 e 750. Prima del mondiale però c’è l’appuntamento con la 200 Miglia di Daytona. In Florida splende il sole e Sheene prima delle prove posa sorridente sulla sopraelevata assieme al suo occasionale compagno di squadra Dave Aldana. Poche ore più tardi il pilota inglese percorrerà lo stesso tratto di pista in volo …e senza moto.

Ma andiamo con ordine. Sul banking di Daytona è praticamente impossibile cadere, a meno che non ti esploda un pneumatico come accade a Sheene mentre era lanciato a 280 km/h con la sua TR 750. Quando i soccorritori andarono a raccoglierlo credevano fosse morto. Si ruppe in un colpo solo femore, polso, braccio, sei costole e due vertebre rimediando anche una serie infinita di abrasioni.

Stoicamente, dopo cinque settimane si presenta a Salisburgo cercando di convincere i medici di lasciargli disputare le prove del GP d’Austria. Inutilmente.

Lo riporta a casa Johnny Cecotto, ma lui è deciso a non mollare. Quando si ripresenta in pista finalmente ristabilito si aggiudica due GP (Olanda e Svezia) in modo perentorio. Ad Assen rimonta dopo una brutta partenza, si mette alle costole di Agostini e poi lo infila senza tanti complimenti all’ultima curva. Ad Anderstorp invece vince la gara, stabilendo anche pole e giro più veloce.

Il periodo d’oro: dal 1976 al 1979

Un passaggio nel bosco di Imatra durante il GP di Finlandia 1978 con Sheene che precede il venezuelano Johnny Alberto Cecotto

E’ il preludio al suo periodo d’oro che va dal 1976 al 1979. Quattro stagioni magiche in cui Sheene entra in quella trance agonistica che ti permette di fare tutto e bene, quasi senza fatica. Vince per due volte il titolo della 500 (1976 e 1977), prendendosi il lusso nel 1976 di saltare le ultime tre prove del mondiale perché Teuvo Lansivuori, secondo in classifica, ormai non può più raggiungerlo. Assieme al successo arrivano anche gli ingaggi a otto cifre, le belle macchine e la splendida Stephanie McLean, ex coniglietta di Playboy che diventerà sua moglie.

A guastargli le uova nel paniere nel 1978 arriva dagli Stati Uniti Kenny Roberts che lo detronizza. La sua però è una resa con l’onore delle armi perché Sheene in alcune occasioni è anche parecchio sfortunato ed è costretto a ritirarsi per noie meccaniche. A Salisburgo nel 1978 resta addirittura senza freni nel giro di ricognizione, mentre in Jugoslavia deve ritirarsi perché la moto di Lucchinelli che lo precede gli spara un pezzo di plastica su una delle sue plurifratturate ginocchia e per il dolore è costretto a fermarsi. Comunque sia nel mondiale del 1978 è secondo solo a Roberts, mentre l’anno successivo è terzo preceduto anche da Virginio Ferrari, con cui disputa un memorabile GP d’Olanda ad Assen, vinto dall’italiano che lì disputa forse la gara più bella della sua vita.

Nel 1979 passa alla Yamaha

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Il passaggio alla Yamaha nel 1980 si rivela una scelta infelice perché la moto non è competitiva

Nell’inverno del 1979, proprio quando i piloti si ribellano alla FIM con il progetto World Series, Sheene cambia casacca e passa alla Yamaha. Mai scelta fu più infelice. La TZ 500 che gli affidano nel 1980 in comune con la moto di Roberts ha solo il nome. A chi gli chiede come va, Sheene risponde con un sibilo “E’ maneggevole come l’ancora di una nave…”. Lui, generoso e incosciente come sempre, ci mette del suo e finisce con il perdere un dito, maciullato dopo una brutta caduta al Paul Ricard. In mancanza di u mezzo buono per vincere il mondiale, Sheene nel 1981 “vigila” sull’amico Marco Lucchinelli lanciato alla conquista dell’iride. E lo fa a volte in modo quasi plateale. Come ad Imola, quando gli consiglia di cambiare le gomme pochi minuti prima del via e poi fa di tutto per ritardare la partenza permettendo all’italiano di tornare nello schieramento. O come nella gara decisiva di Anderstorp, quando sulla griglia di partenza va a spiare per conto di Marco che gomma ha montato l’americano Mamola (in lotta con lui per il titolo) per controllare se i due partono ad armi pari.

Nel 1982 le cose sembrano tornare a girare per il verso giusto. In sella ad una Yamaha finalmente competitiva sale sul podio nei primi sei GP della stagione, presentandosi alla vigilia del GP d’Inghilterra come il terzo incomodo nella lotta per il mondiale fra Roberts e Uncini.

Caduta fatale a Silverstone

A toglierlo di mezzo ci pensano gli sciagurati organizzatori di Silverstone, che decidono di far girare insieme sotto la pioggia i piloti di 250 e 500 ed il francese Patrick Igoa che gli cade proprio davanti alle ruote. Per evitarlo Barry colpisce violentemente la sua moto e l’urto è violentissimo, al punto che i semimanubri della sua Yamaha gli si piantano nelle gambe. Frantumandogliele. Come a Daytona sette anni prima i soccorritori lo danno per spacciato, ma lui riesce ancora una volta a rimettersi in piedi. I medici che gli hanno ricostruito le gambe con 27 viti e una manciata di placche di ferro lo pregano di ritirarsi, perché una nuova caduta significherebbe l’amputazione degli arti. Lui educatamente li ringrazia e torna per altre due stagioni nel mondiale con una Harris- Suzuki gestita dal vecchio team Heron, lo stesso con cui si era aggiudicato i titoli.

Quando decide di appendere il casco al chiodo lo fa da gran signore, alla vigilia della stagione 1985. Nell’inverno si era parlato di un suo passaggio alla Cagiva e poi alla rivoluzionaria Elf, ma sono scelte non all’altezza di un pilota che si ritiene ancora uno dei migliori “manici” della 500.

A 34 anni si ritira e migra in Australia

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Dopo essersi trasferito in Australia, Sheene si era avvicinato al motociclismo d’epoca partecipando ad alcune gare del campionato InCA e ad alcune rievocazioni come il Festival of Speed di Goodwood e la Coupes Moto Légende di Montlhéry. 

Così, a 34 anni, Barry Sheene decide di ritirarsi e di migrare in Australia dove il clima più mite di quello inglese mitiga il dolore delle sue tante fratture. Non lascia comunque il mondo delle due ruote. E’ commentatore TV, autorevole opinionista e talent-scout. Molti dei piloti australiani, a cominciare da Mick Doohan e Garry Mc Coy, ma anche il texano Kevin Schwantz sono arrivati al mondiale grazie a lui.

Negli ultimi anni le gare di moto d’epoca hanno reso più lieto l’avvicinarsi della terza età e lui ha affrontato questa nuova avventura a modo suo: vincendo. E proprio con una vittoria a Goodwood nel settembre 2002, davanti a Wayne Gardner aveva salutato il suo mondo, prima di tornarsene in Australia ad affrontare la sua ultima battaglia.

Come spesso accade in queste occasioni, solo ora che non c’è più ci rendiamo conto di quanto fosse grande e dell’immenso vuoto lasciato. Ciao Barry, il tuo numero 7 è rientrato ai box per sempre.

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