Anche la Honda segue la Yamaha lungo la strada della “copia infedele”. Spostandosi infatti nello stand del colosso di Tokyo ci si imbatte nella nuovissima NS400R, che solo in apparenza è la replica della moto vincitrice con Spencer del confronto iridato di un anno prima. Certo, la livrea bianco, rosso, blu è la stessa che contraddistingue i mezzi ufficiali della HRC. Anche il numero dei cilindri indicati nelle note tecniche è quello della NS500R Campione del mondo nel 1983, mentre l’aspetto filante, le sue forme ridotte e compatte, le ruote Comstar scomponibili, sono quelle della moto da competizione.
Però la cilindrata non corrisponde, perché si sono misteriosamente persi per strada almeno 100 cc che potevano tornare “comodi” nel confronto diretto con le rivali.
Il “restringimento” dei cc non è l’unica sorpresa che riserva la NS400R: sbirciando sotto la carenatura ed osservando il disegno e la foto del motore che compaiono nella brochure pubblicitaria, si scopre che il tre cilindri a V di 90° ad ammissione lamellare ha anche la disposizione dei cilindri invertita rispetto alla moto da GP, con due cilindri orizzontali e uno verticale e non viceversa.
Ultima anomalia da segnalare: la presenza delle camere di compensazione con le valvole allo scarico del sistema ATAC solo su due dei cilindri, come era stato fatto anche sulla RS500R, la versione destinata ai piloti privati del Mondiale 500 della NS.
Spente le luci del Salone, cresce forte il sospetto fra gli addetti ai lavori che la Honda abbia volutamente cercato di evitare pericolosi confronti, sia con le rivali Suzuki e Yamaha sia con la sua titolata moto da competizione. Un po’ quello che aveva fatto negli anni Sessanta la MV Agusta con la sua attesissima e sgraziata quattro cilindri stradale, voluta dal Conte Domenico di 600 cc e con la trasmissione finale ad albero cardanico, per scongiurare il pericolo che qualcuno la potesse usare come base per una 500 da GP artigianale e per affrancarla il più possibile dall’immaginario sportivo e dal blasone del Marchio, che per le sue modeste prestazioni non sarebbe stata in grado di sostenere.
Ovviamente non sono queste le motivazioni che hanno spinto i tecnici verso determinate scelte progettuali durante la realizzazione della NS400R. Basta un attento esame della nuova arrivata e leggere i primi test delle riviste specializzate per scoprire che la Honda ha voluto percorrere una strada diversa rispetto a Yamaha e Suzuki, proponendo una moto sportiva ma equilibrata, nella quale ciclistica e motore ben si amalgamano per esaltarne maneggevolezza e stabilità, senza andare a cercare primati velocistici a tutti i costi. In altre parole i tecnici dell’Ala Dorata hanno voluto costruire una “race replica” più umana e gestibile sulle strade di tutti i giorni anche da chi non possiede il “manico” di un pilota.
Come era avvenuto per la Suzuki RG 500 Gamma, che aveva avuto un “prologo” giapponese due anni prima della sua presentazione con la RG 250 W, una bicilindrica sportiva con telaio doppia culla chiusa in tubi quadri d’alluminio destinata prevalentemente al mercato interno, anche la Honda NS400R ha dei punti in comune con un modello destinato al solo mercato giapponese e, in quantitativi molto limitati, a qualche Paese dell’Oceania: la MVX250F.
Presentata nel 1982, quest’ultima è una tre cilindri a V di 90°, due tempi lamellare, che fin dalla sua presentazione viene accostata alla NS500R da GP, al punto che le due moto compaiono, una accanto all’altra, nella brochure pubblicitaria del modello stradale. Guarda caso, come il motore della NS400R, anche quello della piccola quarto di litro ha lo schema dei cilindri invertito rispetto alla moto da corsa e, come la sorella maggiore, ha un’impostazione generale non esageratamente sportiva (ha meno di 40 CV e pesa oltre 150 kg), perché con i suoi freni in-board e le forme squadrate, sembra più un mix fra la Honda VF400F e la precedente serie CBX.