Moto Guzzi 850 Le Mans: il sogno di Mandello

Al Salone di Milano del 1975 debutta la sportiva della Casa di Mandello che entra subito nel cuore degli appassionati. Deriva dalle moto ufficiali scese in pista al Bol d'Or che si corre a Le Mans

Questo modello incarna tutta la storia della Moto Guzzi. La Le Mans è infatti il “trait d’union” tra storia sportiva e normale produzione commerciale, una moto con cui si poteva andare al lavoro o in vacanza, ma che con pochi opportuni interventi diventava un’arma efficace con cui partecipare alle gare di durata, che tanto seguito ebbero negli scorsi decenni.

Che la Le Mans derivi dalle corse lo dice chiaramente anche il suo nome. A Le Mans, in Francia, esiste una delle storiche piste più lunghe ed impegnative, teatro in campo motociclistico del mitico Bol d’Or, una gara di 24 ore dove piloti e macchine subivano uno stress eccezionale solo per arrivare in fondo. Si potrebbe obiettare che la Moto Guzzi non ha mai riportato una vittoria assoluta, è vero, ma in numerose occasioni le sue moto sfiorarono il successo, frenate solo dalla sfortuna e in parte da un’organizzazione interna fatta di smisurata passione ma con mezzi economici nemmeno paragonabili alle “armate” di Honda o Kawasaki, per fare i nomi delle più agguerrite concorrenti.

Evoluzione della V7 Sport

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La 750 S3 è la prima Moto Guzzi a montare il sistema di frenata integrale

La Le Mans nasce come evoluzione dell’ultima versione della V7 Sport, la 750 S3 del 1975, già dotata del sistema di frenatura integrale a tre dischi. La presentazione delle due moto avviene al Salone della Moto di Milano ai primi di novembre del 1975, con la differenza che mentre la S3 è già disponibile presso i concessionari, per la Le Mans bisogna aspettare l’anno entrante. Tra le due, la scelta è relativamente facile, perché, sebbene sia una sportiva affermata, la 750 S3 comincia a denunciare il peso degli anni. Così sono in tanti quelli che preferiscono aspettare qualche mese per impugnare i semimanubri della più prestante e moderna Le Mans. Pur mantenendo la struttura della V7 Sport, la Le Mans ha una linea aggiornata e più agguerrita. È la prima Moto Guzzi ad essere disegnata in un centro design, quello che De Tomaso ha voluto per il suo allora nascente impero industriale. Ma non solo, perché il “Boss”, come viene chiamato non senza una certa soggezione per il carattere impulsivo e focoso, è intervenuto direttamente nella definizione dei particolari. Ed essendo un ex-pilota, De Tomaso ha voluto sottolineare il carattere della nuova moto. L’accostamento di rosso e nero per la carrozzeria dona infatti aggressività, il cupolino ha il settore frontale in arancione fosforescente per avvisare ben da lontano, e la sella termina con un codino che aumenta l’aerodinamica senza sottrarre troppo spazio all’eventuale passeggero, fornendo anche l’indispensabile appoggio al pilota nelle brucianti accelerazioni di cui la moto è capace. Bassa e straordinariamente compatta, la Le Mans affascina tuttavia più per la sua poderosa meccanica che non per la linea. I due grossi cilindri a tutto tondo non sporgono troppo dalla sagoma come avviene per i motori boxer, pur trovando ugualmente un raffreddamento ottimale, i due Dell’Orto con pompa di ripresa sono due sculture, gli scarichi in nero opaco eliminano pretenziose cromature, inutili su una motocicletta votata alla sportività, mentre i cerchi in lega ed i tre dischi sottolineano la modernità del progetto.

Frenata integrale

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Il sistema di frenata integrale funziona così: premendo il pedale destro frenano contemporaneamente il disco anteriore sinistro e il posteriore. L'anteriore destro è azionato dalla leva sul manubrio

Alla nuova Le Mans in effetti non manca nulla rispetto all’affermata produzione giapponese con cui tutti i Costruttori europei devono confrontarsi. La strumentazione è completa, la dotazione di accessori soddisfacente (c’è anche l’ammortizzatore di sterzo idraulico), col bel manubrio in due pezzi regolabile radialmente, il parabrezza fumè ed il doppio cavalletto. Per certi versi poi la Le Mans supera la concorrenza. Se infatti anche la BMW vanta la trasmissione cardanica, solo la Guzzi ha però l’esclusivo sistema di frenatura integrale con due dischi (uno anteriore ed il posteriore) che entrano in azione contemporaneamente ed il terzo di ausilio. Il sistema permette decelerazioni fulminee, con staccate impensabili anche per le più dotate sportive della miglior produzione mondiale. Ciò su cui pecca la moto, e che i più esigenti non mancano di notare subito, è nella finitura. La verniciatura non è di alta qualità, e tende a rovinarsi abbastanza presto, gli interruttori elettrici sul manubrio sono poco intuitivi ed ancor meno funzionali, la strumentazione è largamente imprecisa e le spie quasi invisibili, la forcella appare sottodimensionata, tanto è vero che nelle frenate più violente tende ad avvitarsi su sé stessa.

Supera i 200 km/h

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Avviato il motore però tutte queste “sottigliezze” svaniscono. La voce possente, ed il ritmo irregolare degli scoppi al minimo dovuto alla fasatura sull’albero motore, sono musica per l’appassionato; la prima lunga, e le altre marce basse correlate, danno un’accelerazione eccezionale, in grado di contrastare efficacemente anche quella dei più potenti quattro cilindri orientali, mentre la velocità è ben superiore ai 200 km/h, come rileva Motociclismo nella prova su strada, ed in pista, sul numero di maggio del 1976. I termini di confronto della Le Mans sono d’altronde essenzialmente le potenti pluricilindriche giapponesi, a parte la sola Ducati 750 (Sport e Super Sport), che però non può vantare la stessa affidabilità della Moto Guzzi. Perché uno degli assi della Le Mans è proprio la sua assoluta affidabilità, nonostante le prestazioni ai vertici. Una dote che il bicilindrico Guzzi ha sempre avuto, fin dalla prima V7 700, e che, anziché trovare un compromesso nella ricerca di potenza, si è invece accresciuta con il nuovo motore da 850 ampiamente rivisto e rimodernato dal progettista Lino Tonti. La Le Mans diventa così un bel successo di vendita per la Casa lariana che la propone anche all’estero, dove non manca di arruolare un gran numero di fans, soprattutto tedeschi ed olandesi.

CARATTERISTICHE TECNICHE 850 Le Mans (1976)

Motore: bicilindrico quattro tempi a V di 90° fronte marcia raffreddato ad aria, alesaggio per corsa 83x78 mm, cilindrata 844 cc, testa e cilindri in lega leggera con canna riportata in ghisa, compressione 10,4:1, potenza max 80 CV SAE a 7.400 giri, distribuzione ad aste e bilancieri con asse a camme nel V dei cilindri con comando a catena duplex. Accensione: a batteria con doppio ruttore ad anticipo automatico a masse centrifughe, candele Bosch 230 T 30 o Champion N9 Y. Avviamento: con motorino elettrico Bosch 12V/0,7CV. Lubrificazione: forzata con pompa ad ingranaggi, quantità nella coppa 3 litri di olio, valvola di regolazione della pressione (pressione normale kg/cmq 3,8/4,2), filtro a cartuccia ed a rete metallica nella coppa. Alimentazione: capacità serbatoio 22,5 litri di cui 3 litri di riserva. Due carburatori Dell’Orto PHF 36 BD e BS, diffusore da 36 mm, valvola del gas 60, polverizzatore 265 AB, getto massimo 235, minimo 60, avviamento 70, pompa 38, spillo conico K5 alla seconda tacca, galleggiante 10 gr, vite aria aperta di 1 giro. Frizione: doppio disco a secco. Trasmissioni: primaria ad ingranaggi, rapporto 1,235 (17/21), secondaria ad albero con giunto cardanico e coppia conica, rapporto 4,714 (7/33), rapporti totali motore-ruota: I-11,643; II-8,080; III-6,095; IV-5,059; V-4,366. Cambio: a cinque marce con ingranaggi sempre in presa ad innesti frontali, parastrappi incorporato, comando con leva a pedale sulla sinistra. Rapporti: I-2,00 (14/28), II-1,388 (18/25), III-1,047 (21/22), IV-0,869 (23/20), V-0,750 (28/21). Telaio: in acciaio a doppia culla scomponibile, cannotto di sterzo inclinato di 28° e montato su cuscinetti a rulli conici. Sospensioni: anteriore forcella teleidraulica Moto Guzzi, corsa 125 mm, ammortizzatori posteriori Lispa con molla regolabile, corsa utile 85 mm. Ruote: cerchi in lega leggera con pneumatici ant 3.50H18, post 4.10V18. Freni: frenatura integrale con tre dischi, ant diametro 300 mm, post diametro 242 mm. Impianto elettrico: alternatore 14V-20Ah calettato sull’albero motore, batteria 12V-27Ah. Dimensioni (in mm) e peso: interasse 1.470, lunghezza 2.190, larghezza massima 720, altezza 1.030. Peso a vuoto 210 kg.

La guida all'acquisto completa su motociclismo d'epoca giugno 2009

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